Antonio Loffredo Il parroco che ha dato speranza al Rione Sanità

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Dopo vent’anni don Antonio lascia Santa Maria della Sanità, un cambiamento epocale per un rione che è riuscito a cambiare profondamente, puntando tutto sulla fiducia e sul dialogo con i più giovani: «Alla Sanità non esistevano i sogni. Ma quando la Chiesa esce dalle sacrestie i risultati si vedono»

A Napoli le vie della fede portano ovunque. In qualche caso sono lastricate di sorprese. Altre di delusioni, qualche volta di morti. Come è accaduto con l’assassinio di don Peppino Diana: ucciso dalla camorra a Casal di Principe (Caserta) il 19 marzo (Festa del papà) del 1994 all’età di 35 anni. Perché in Campania le date devono sempre avere un senso. E l’eresia è la cosa più vicina alla verità.
Così il luogo d’incontro con padre Antonio Loffredo non poteva che essere qui. In un altro luogo simbolico: nell’infopoint delle Catacombe di San Gennaro, il suo quartier generale. Bisogna salire in cima a Capodimonte dove sorge la basilica dell’Incoronata. Una porta di accesso della religiosità e del turismo, il cui santo tutelare è naturalmente San Gennaro. Un percorso che si snoda nelle viscere della collina fino al Rione Sanità dov’è sorto un polo d’arte con laboratori musicali e teatrali (che hanno prodotto attori per il cinema e serie tv), un centro conferenze. Cooperative di giovani che hanno ridato al quartiere una nuova linfa dove il tempo era scandito da giornate piene di ore disabitate. Vuote. Sottratte dalla camorra alla vita quotidiana.
Fino a quando nel 2001 sulla scena compare questo giovane parroco (oggi 63enne), nato in un “basso” non lontano da qui a San Potito. Viene da un’esperienza a Poggioreale, altro quartiere problematico. Ha frequentato seminari a Tubinga, cita filosofi, teologi, sa di letteratura e ha una sfida da lanciare. A dispetto di chi pensava fosse “Un…

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