Cari nuovi governanti, ecco una cosa da fare (subito)

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La prematura caduta del governo Draghi ha impedito di concretizzare la legge-delega sulla
non autosufficienza. La riforma, prevista dal Pnrr e attesa in Italia da oltre trent’anni, deve mettere ordine in un settore che interessa la qualità di vita di milioni di italiani, anziani e i loro famigliari.

Il lettore avrà presente, quando farà scorrere i suoi occhi su questa pagina, a chi indirizzare l’appello che essa contiene, se ritiene di condividerlo. Perché nel frattempo si sarà saputo, a valle delle elezioni del 25 settembre, quali forze governeranno l’Italia nei prossimi anni. Chi scrive lo fa invece ex ante, a pochi giorni dal voto, con l’umile intenzione di segnalare un problema macroscopico, cui nella campagna elettorale è stato riservato – come spesso accade alle cose che contano davvero – uno spazio microscopico.
Per fortuna ci hanno pensato Caritas, Acli e altre 50 organizzazioni di settore a sollevare la questione. Presentando, a inizio settembre, il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza. Di che si tratti, è presto detto: una proposta per riordinare, potenziare e innovare – attuando la riforma esplicitamente prevista dal Pnrr – il groviglio delle misure, delle prestazioni e dei servizi che, in modo lacunoso e disomogeneo, vengono erogati agli anziani non autosufficienti della Penisola.
I quali – per la cronaca – non costituiscono un segmento di società minoritario. Si calcola infatti che in Italia, Paese in cui un cittadino su cinque è over 65, siano oltre 3 milioni gli anziani che non riescono più a badare a se stessi. E dietro loro – anzi, al loro fianco, con tutte le fatiche e in certi casi le disperazioni del caso, perché spesso l’assenza di autonomia è intrecciata a condizioni di indigenza ed esclusione sociale – vi sono altri milioni di persone, dal momento che la maggior parte dei vecchi non autosufficienti vivono in famiglia. Un bacino anche di consenso, verrebbe da pensare, non esattamente trascurabile.
Prova di umanità
Eppure in campagna elettorale ci si è profusi – per esempio – in commenti e schermaglie sul lacerante e divisivo tema degli aborti, fenomeno però in costante riduzione in Italia (dai 235 mila casi del 1983, anno-picco, ai 66 mila del 2020), mentre sul dilagare delle assai trasversali inquietudini determinate dalla non autosufficienza, pochissime e distratte parole.
Il governo uscente aveva inserito incoraggianti misure nella legge di bilancio 2022 e avviato l’elaborazione della legge di riforma del settore, tramite una delega che andrebbe concretizzata entro la primavera 2023.
Da qui l’appello ai governanti neoeletti: non lasciate cadere quanto di incoraggiate è stato fatto negli ultimi mesi. Il Patto chiede impegni precisi: riconoscere la non autosufficienza, in linea con il resto d’Europa, come settore autonomo rispetto agli altri comparti del welfare; varare di conseguenza l’Sna, ovvero un unico Sistema nazionale assistenza anziani, che armonizzi valutazioni dei casi, misure economiche di sostegno, livelli di cura e presa in carico; integrare prestazioni e servizi sociali e sanitari, e i diversi livelli di competenza (dallo Stato ai Comuni).
Ce la faranno, il nuovo parlamento e il nuovo governo, a concretizzare presto e bene una riforma attesa da oltre trent’anni, che non costerebbe molto (anzi potrebbe limitare la dispersione delle risorse), inciderebbe nel profondo sulla qualità della vita di milioni di persone, e non parrebbe destinata a rinfocolare scontri ideologici? Dai piani bassi ci si spera: sarebbe magari poco redditizia, in termini mediatici, ma assai sostanziosa prova di maturità. E di umanità.

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