Oggi siamo noi, cittadini senza scorta, obbligati a uscire di casa per studio e per lavoro e desiderosi di uscire per il teatro, la passeggiata che a volte ci troviamo dentro pezzi di città nei quali ci sentiamo un po’ troppo a rischio. Ne vorremmo e ne dovremmo discutere “politicamente”, ma al ministero degli Interni ci sono “tecnici”
Sulla stazione Centrale di Milano la si può pensare in mille modi: per alcuni è un territorio “comanche” in mano alla criminalità spietata e allo spaccio, per altri è un pezzo di città con qualche serio ma risolvibile problema, comune per altro a molte stazioni e città. Senza la minima pretesa di avere in tasca la verità, con la pretesa però di ragionare “cronisticamente” e non “politicamente”, vorremmo accendere un faro sul nebuloso discorso intorno alla sicurezza.
Nella nostra antica Italia, il primo ministro dell’Interno post comunista è stato Giorgio Napolitano. Venne scelto da Romano Prodi; era il 1996, era iniziata quattro anni prima la tempesta giudiziaria chiamata Mani pulite. Gli apparati di sicurezza erano molto attenti alla nomina del futuro presidente della Repubblica: dalla fine della Guerra a quel 1996 al Viminale c’erano stati esclusivamente democristiani e politici che guardavano agli Stati Uniti. Ci si poteva fidare – e quanto? – di uno che era stato dalla parte della Russia?
Facciamo un salto nel tempo: gli ultimi due ministri dell’Interno sono “tecnici”. Dalla compagine di centrosinistra è stata scelta Giuliana Lamorgese, ex prefetto di Milano. C’è rimasta tre anni sino all’ottobre 2022. Dopo le elezioni, con Giorgia Meloni diventa ministro Matteo Piantedosi, che era stato al Viminale con Lamorgese, ex prefetto di Bologna e di Roma.
Che cosa significa? Molto semplice, non politicamente, ma – ripetiamo – cronisticamente: il ruolo di vertice del ministero dell’Interno (o degli Interni), così cruciale per la libertà, la democrazia, le scelte di campo, oggi come oggi non è più una poltrona ambita per chi vive di politica. Forse qualcuno ricorderà Matteo Salvini ministro che, dalla discoteca Papeete, chiedeva elezioni, senza immaginare di essere da lì a poco disarcionato. Cronisticamente, non politicamente, va ricordato che Salvini leader della Lega se l’è presa tantissimo ai tempi con Lamorgese ministro sulla gestione della sicurezza a Milano. Mentre oggi, lo stesso Salvini leader della Lega e ministro, tace quando il Ministro Piantedosi dice, molto chiaramente, che a Milano “non c’è nessuna emergenza”.
Veniamo al punto. Sulla sicurezza a Milano la pensiamo come Piantedosi. E come Piantedosi la pensava anche Lamorgese, che disse chiaro e tondo: “Milano non è il Far West”.
Le città insicure sono altre. Non c’è la paura di uscire. Esiste a Milano un forte apparato di sicurezza, c’è una magistratura che è tornata a funzionare dopo il blackout del Covid, la rete dei volontari è capillare, le parrocchie presidiano i quartieri più difficili e aiutano chi, per povertà, può avere più facilità a sbagliare. Esistono però anche episodi che definire drammatici è poco. Esistono stupri che ci lasciano carichi di dolore e preoccupazione, che ci fanno soffrire con le vittime e ci rendono odiosi oltre misura i carnefici. Conosciamo dettagli di rapine e furti. Vediamo intere compagnia di ragazzi muoversi sul difficile crinale della dipendenza. Su questo e altro non esiste una ricetta facile, ma la vera questione – e ci spiace dirlo da cittadini – è che la politica non ha una ricetta sulla sicurezza.
Non ce l’ha più. La politica nazionale non decide che cosa fare su immigrazione, ed è evidente, ma anche sui giovani che lasciano la scuola, sulle carceri, sui delitti e sulle pene. Le dichiarazioni parlamentari si dividono sul lavoro dei sindaci non in base ai meriti o ai demeriti, ma in base al partito di appartenenza. Dei questori, dei comandanti dei carabinieri, dei prefetti la politica nazionale sembra sapere così poco che ormai non cadono più (metaforicamente parlando) le teste di chi sbaglia.
Oggi siamo nella nebbia. Oggi siamo noi, cittadini senza scorta, obbligati a uscire di casa per studio e per lavoro e desiderosi di uscire per il teatro, il divertimento, la passeggiata che a volte ci troviamo dentro pezzi di città nei quali ci sentiamo un po’ troppo a rischio. Ne vorremmo e ne dovremmo discutere “politicamente”, ma al ministero degli Interni ci sono “tecnici”.
Una scelta precisa, serve ai leader dei partiti per non scottarsi. Serve per poter sempre accusare qualcun altro, senza mai essere accusati di inefficienza. Se questa è davvero la politica, ecco spiegato come mai si va a votare sempre in meno.
Nb. Ne abbiamo parlato cronisticamente. Se qualcuno trova questa cronaca falsa, ci scriva, siamo qui.