Danielle Madam talento dell’atletica ha vinto la più importante medaglia

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Traguardi raggiunti col desiderio di arrivare fino ai mondiali. E, di colpo, la delusione di scoprire di non avere speranza di essere convocata: perché il talento non basta, bisogna essere cittadini italiani

La sua prima foto da cittadina italiana ha voluto farla accanto al tricolore, nell’aula del Comune di Pavia dove aveva appena giurato sulla Costituzione. Un attimo dopo ha affidato a Facebook poche parole emozionate: «Aspettavo questo giorno da tanto. Sto ancora tremando».
Per Danielle Frédérique Madam, 24 anni il prossimo 23 giugno, nata in Camerun, da diciassette anni in Italia, un talento riconosciuto come campionessa di lancio del peso, la cittadinanza è stata a lungo un traguardo che una burocrazia distratta sembrava decisa a rinviare. Adesso, l’averla conquistata le consentirà di realizzare i suoi sogni: il primo, arruolarsi nell’Arma dei Carabinieri; il secondo, indossare la maglia azzurra per gareggiare ai mondiali nella sua specialità.
In Italia Danielle è arrivata a sette anni appena. In Camerun suo padre e suo fratello maggiore erano stati uccisi e sua madre aveva pensato di mettere in salvo gli altri due figli portandoli in Lombardia, dove alcuni parenti si erano trasferiti da anni. Cresciuta nella casa di uno zio, alla sua morte, nel 2009, Danielle era stata affidata a una casa-famiglia di suore. Lì ha vissuto per undici anni. Un’infanzia e una prima adolescenza segnate dalla ribellione e dall’infelicità. Fino alla scoperta dello sport, il lancio del peso, e, con quello il valore dell’impegno, della disciplina. Un impegno ripagato dal successo: una medaglia di bronzo ai campionati italiani di atletica leggera indoor di Ancona nel 2019; l’anno dopo, il titolo di campionessa regionale della Lombardia. Traguardi raggiunti col desiderio di arrivare fino ai mondiali. E, di colpo, la delusione di scoprire di non avere speranza di essere convocata: perché il talento non basta, bisogna essere cittadini italiani. A Danielle, per avere la cittadinanza, mancava un requisito essenziale: la legge attuale chiede dieci anni di residenza nel Paese e gli undici anni vissuti in casa-famiglia valgono come semplice domicilio, non residenza. È uno dei molti inciampi di una legge, vecchia e ingiusta, che il Parlamento non ha ancora trovato tempo e voglia di cambiare.
Poi, nel settembre scorso, Danielle legge dell’esame farsa sostenuto all’Università di Perugia da un calciatore, Luis Suarez, per ottenere velocemente la cittadinanza italiana, e s’incendia d’indignazione: lei ha frequentato in Italia elementari, medie e superiori, è iscritta all’Università di Pavia, facoltà di Comunicazione e Multimedialità, eppure per lei la strada verso la cittadinanza è un percorso a ostacoli. Si sfoga su Facebook: «Ci sono extracomunitari di serie A ed extracomunitari di serie B». Viene sommersa da like, commenti, condivisioni. Pochi giorni dopo, nel bar dove Danielle lavora nei fine settimana, un uomo entra e le grida: «Tu non sei italiana. Non lo diventerai mai». Gli insulti scatenano indignazione, solidarietà. Il sindaco di Pavia, Fabrizio Fracassi, leghista, scrive al Presidente Mattarella, chiedendo per Danielle «la cittadinanza per eminenti servizi resi al Paese». La burocrazia si muove. E finalmente la cittadinanza viene concessa.
Il Centro Astalli, il servizio per rifugiati dei gesuiti, l’ha salutata con un tweet entusiasta: «Danielle, oggi vinci tu. L’Italia, invece, vincerà solo con una nuova legge sulla cittadinanza». Non si potrebbe dirlo meglio.

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