Dividendi alle stelle: l’insolenza delle multinazionali

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Nonostante la crisi, c’è un dato che colpisce per la sua rilevanza. è quello relativo ai dividendi distribuiti
dalle multinazionali nel 2022 : 1.560 miliardi di dollari, passati in gran parte da aziende ricche ad altre aziende ricche o a ricchi uomini d’affari che si sono ulteriormente arricchiti

Esiste una distanza abissale nel modo in cui le crisi colpiscono l’economia reale (le famiglie o le piccole e medie imprese) e le grandi multinazionali.
Basta constatare come sono andate le cose negli ultimi decenni per rendersene conto. Quando è esplosa la crisi del 2008, con il crollo della banca americana Lehman Brothers che ha trascinato con sé l’intero sistema finanziario mondiale, governi, banche centrali e istituti internazionali hanno stanziato somme stratosferiche per sostenere il settore. Migliaia e migliaia di miliardi finiti nelle casse di banche o compagnie d’assicurazione per scongiurarne il crollo. La conseguenza immediata è stata un’esplosione dei debiti pubblici sovrani che ha imposto manovre di austerità generalizzata: tagli alla spesa pubblica, ai servizi, al welfare che in alcuni casi hanno assunto contorni draconiani. Il cerino, insomma, ha finito per bruciare sugli anelli più deboli della catena.
Quando poi, ad esempio, la Banca centrale europea adottò politiche di quantitative easing (alleggerimento quantitativo, ndr) nel tentativo di iniettare liquidità nei sistemi economici per cercare di rilanciare le macchine produttive, si è scoperto che la maggior parte di quei capitali è rimasto nelle casse delle banche (attraverso le quali tale flusso doveva passare). Raggiungendo solo in minima parte i veri destinatari: famiglie e imprese, appunto. Ciò nonostante, poche nuove regole sono state imposte al settore per evitare che possa adottare nuovamente comportamenti speculativi e pericolosi per la tenuta del sistema, ovvero quelli che avevano scatenato la crisi e portato al fallimento di Lehman. Insomma, ancora oggi il mondo della finanza risulta votato alla speculazione e completamente avulso dall’economia reale.
A confermare tale tesi ci sono due dati inconfutabili. Il primo è quello relativo ai livelli di capitalizzazione delle Borse. Malgrado qualche scricchiolio (o tonfo in alcuni casi), gli indici di tutte le principali piazze finanziarie mondiali sono oggi ai massimi storici (o vicini ad essi). Come se non fosse esistita la crisi finanziaria e l’austerity conseguente, una pandemia devastante e oggi una guerra in piena Europa, assieme ad una crisi energetica della quale non si vede la fine, con spinte inflazionistiche che non si registravano, in questi termini, da decenni. Com’è possibile che le Borse corrano in questo modo in un contesto economico così precario e incerto?


Azionisti sempre più ricchi
Un altro elemento, in qualche …..

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