Don Lorenzo Dalla parte degli ultimi

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Cento anni fa nasceva a Firenze il sacerdote e maestro che, nel piccolo borgo di Barbiana, nel Mugello, fondò la scuola popolare. Il suo più grande insegnamento? Lo ha ricordato Papa Francesco sulla sua tomba: «Ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia». Della grande attualità dei suoi insegnamenti ne parlano la nipote, Valeria Milani Comparetti;
il sindaco di Verona nonché obiettore ed educatore Damiano Tommasi; lo scrittore Eraldo Affinati; i responsabili della Fondazione che porta il suo nome; il missionario padre Kizito Sesana; il maestro di strada Marco Rossi Doria e alcuni obiettori di ieri e di oggi

Tante volte me lo sono chiesto: dove sta oggi don Lorenzo Milani? Qualche tempo fa in uno dei miei due libri a lui dedicati, L’uomo del futuro (l’altro, composto per i ragazzi delle scuole medie inferiori, s’intitola Il sogno di un’altra scuola) lo cercai nelle contrade di tutto il mondo: a Sare Gubu, in uno sperduto villaggo del Gambia, lo riconobbi negli occhi del giovane maestro che insegnava ai bambini.
Come dimenticare quell’aula sotto la tettoia di paglia, coi banchi poggiati sulla terra battuta? Gli alunni saranno stati una quarantina, ogni tanto durante la lezione entrava una mucca e il piccolo studente che indossava la maglietta di Messi si alzava per riportare la bestia al pascolo, quindi tornava tranquillo, come se niente fosse, ad ascoltare la spiegazione. Ebbi l’impressione di rivedere i contadini balbuzienti dell’Appennino toscano, ai quali si rivolgeva don Lorenzo, giocando a pallone con un ragazzo difficile berlinese, nella sterminata periferia di Marzahn. Credetti di riconoscere il guizzo del priore negli occhi ciechi di un anziano maestro, a Khouribga, in prossimità del deserto marocchino. Ritrovai qualcosa di lui nella suora pechinese impegnata nel recupero delle giovani cerebrolese, o anche in quella indiana che mi accolse nei ghat di Benares, in India, circondata dai ragazzini. Il prete degli ultimi, capace di fare la rivoluzione innanzitutto dentro se stesso, uscendo dal cerchio fatato della sua educazione privilegiata e aristocratica, io l’ho ritrovato a Città del Messico, accompagnando padre Ramiro, giuseppino colombiano, nei suoi giri nei quartieri dove giocano i niños de rua. E intercettai il suo pacifismo integrale, antesignano dell’obiezione di coscienza, nello sguardo ansioso ma determinato del giovane Ivan, seduto sulla scalinata del Mamajev Kurgan, a Volgograd, così oggi si chiama Stalingrado, in procinto di partire per Groznyj.


L’eredità di Barbiana
è vero, come leggiamo in Lettera a una professoressa, scritta insieme ai primi scolari, che Barbiana è finita per sempre, scomparsa in via definitiva con la morte del …

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