Don Luigi Ciotti Una voce fuori dal coro

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Pensi agli apostoli dopo la crocifissione di Cristo, tutti uomini e sono fuggiti. Le donne invece erano là, con la loro misericordia. C’erano anche al sepolcro. Può venire dalle donne la svolta contro l’area grigia che copre ogni potere mafioso

L’anniversario di Falcone. «Diceva: la lotta alla mafia è una battaglia di legalità e civiltà. La legalità l’abbiamo resa malleabile, la civiltà è un impegno troppo spesso disatteso». La guerra in Ucraina. «Il riarmo è immorale in un tempo di crisi economica, la penso come Papa Francesco». Le nuove povertà. «Vedo aumentare gli emarginati, i senza famiglia, i vecchi soli ma vedo anche una democrazia pallida che offre stampelle e non soluzioni». Un mondo alla rovescia. «Che possiamo contrastare in un modo solo: imparando ad essere più giusti e più responsabili, dunque più umani».
Don Luigi Ciotti, 74 anni, fondatore del Gruppo Abele e di Libera. Una voce fuori dal coro. Un prete di strada che non vuole essere chiamato prete di strada. «La strada la indica Dio ed è la resurrezione – spiega –. Ma che senso ha tutto questo se noi non facciamo risorgere quelli che oggi non vivono, non hanno di che sostenersi, sono ostaggi di guerre e dittature».
Si va da lui a Torino per fare memoria trent’anni dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, per trovare qualche risposta concreta al sacrificio di Falcone e Borsellino e dei tanti siciliani onesti che hanno pagato la loro idealità con la vita. «Falcone aveva capito che il problema non è solo chi fa il male ma anche chi guarda e lascia fare. Contro malaffare e disuguaglianze serve un impegno comune, non solo politico, ma culturale, etico, sociale, educativo. Solo così si onora la sua memoria. L’inerzia purtroppo avanza con il capitalismo predatorio e la politica opportunistica».
E gli anticorpi? «Libera è uno di questi, la risposta agli egoismi e alle prevaricazioni. Sono i giovani che non si sono arresi alla prepotenza mafiosa accettando di coltivare le terre confiscate alla mafia».
Don Ciotti corre contro il tempo: è appena rientrato dal Sudamerica dove ha portato un messaggio del Papa contro le mafie che si espandono nei territori della globalizzazione, dove l’etica traballa e la povertà aumenta; ha presentato il libro su Francesca Morvillo, moglie di Falcone, che diceva “la mafia si rompe dal di dentro, e aveva ragione”; è diretto nei piccoli Comuni della Calabria e della Sicilia dove ci sono vittime dimenticate e i giovani hanno bisogno di testimonianze concrete, di impegno e di coraggio. «I giovani ci chiedono qui e ora di mettersi in gioco, di poter offrire alla fame di vita orizzonti più vasti di quelli dell’”io”, con tutti i corrispettivi idoli della società dei consumi: il successo la fama, la ricchezza…».
Poi mi mostra un foglietto scritto a mano. Ci sono gli appunti di quel che dirà per ricordare una ragazza di Partanna, che ha avuto il padre e il fratello uccisi dalla mafia e un giorno, disperata dopo aver denunciato il clima di omertà vissuto in famiglia, si è suicidata. «Si chiamava Rita e ha lasciato alcuni scritti che pesano come pietre, ma sono anche segni di speranza. Ripeteva che l’unico sistema per vincere la mafia è rendere coscienti i ragazzi che ci vivono dentro, far loro sapere che fuori c’è un altro mondo fatto di cose semplici e belle. Un mondo di libertà».
All’inizio degli anni Novanta aveva trovato in Paolo Borsellino il riferimento per uscire da quel mondo malato e violento. Era diventata collaboratrice di giustizia. Dopo la strage in via D’Amelio si è ritrovata sola. E non ce l’ha più fatta. A Portanna la mafia ha distrutto più volte la sua tomba. Chi diventa testimone di giustizia per Cosa nostra non deve più esistere, nemmeno da morto. Rita oggi è sepolta in un luogo senza nome e senza lapidi. «Aveva sconfitto la mafia dentro di lei, come Lea Garofalo, un’altra donna coraggiosa che Milano ha onorato portandola al Famedio, il luogo dei cittadini illustri». Donne alle quali dobbiamo molto, dice don Ciotti. Donne che hanno sconfitto la mafia anche in confessionale, chiedendo aiuto, cercando una via per ribellarsi e dare un futuro ai loro figli. Donne straordinarie, che si mettono in gioco quando altri non lo fanno.
«Pensi agli apostoli dopo la crocifissione di Cristo, tutti uomini e sono fuggiti. Le donne invece erano là, con la loro misericordia. C’erano anche al sepolcro. Può venire dalle donne la svolta contro l’area grigia che copre ogni potere mafioso».

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