Eugenia La preside che crede nella scuola

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Fare la preside in un istituto superiore al Parco Verde di Caivano non è facile. Ma Eugenia ha deciso che i suoi alunni meritano di avere almeno un’occasione

Alle sette e un quarto del mattino è già a scuola per organizzare la giornata e accertarsi che inizi nel migliore dei modi per i suoi alunni. Che, per lei, significa «tutti dentro, tutti in classe, in orario, a fare lezione». Una cosa normale.
Lei è Eugenia Carfora, dirige da 15 anni l’Istituto superiore Francesco Morano di Caivano, Comune nell’area metropolitana di Napoli. Siamo al tristemente famoso Parco Verde, un fitto agglomerato di palazzine, spesso scenario di episodi di cronaca legati al disagio sociale, alla sopraffazione camorristica, alla mancanza di servizi dignitosi, alla disoccupazione atavica. Qui tutti la conoscono per il piglio risoluto con cui strappa i ragazzi dalla strada. Fisicamente. Al mattino si mette davanti al cancello della scuola, spesso va per le strade che separano la sequenza dei palazzi a recuperare gli studenti, togliendoli dai pericoli di un luogo in cui il male ha mille forme: abitativo, psicologico, lavorativo e familiare. Lei, tutto questo lo sa, come del Parco Verde di Caivano lo sanno tutti: chi lo abita, il decisore istituzionale che dovrebbe occuparsene, i giornalisti che lo raccontano, dopo l’ennesimo fatto di brutta cronaca. Ma, in 15 anni, ha imparato a non farsi vincere dalle negatività, a non accomodarsi sul nonsipuotismo, a non arrendersi alla difesa preventiva del tanto non c’è niente da fare, se nasci, cresci e vivi al Parco Verde hai un’esistenza segnata, malgrado la giovinezza, le qualità, le ambizioni, i sogni di ragazzi nati già adulti e ragazze precocemente mamme.
Con pazienza, da anni, lavora perché la scuola sia un luogo accogliente e aperto a tutti, senza privilegi né intimidazioni depotenziate da un’unica grande legge, con regole chiare e semplici che devono osservare tutti: studenti, insegnanti e personale. Entrare in orario, svolgere il proprio compito, avere cura degli ambienti, rispettare i ruoli. Senza pietismi né deroghe. Dei suoi ragazzi conosce storie e accidenti, contesti di provenienza e rischi di caduta. Ma conosce le capacità di chi ha vissuto ancor prima di nascere, la marcia in più di chi deve sopravvivere alla cattività di un destino non scelto.
Punta tutto su questo: il diritto di scegliere. E per poter scegliere bisogna conoscere le alternative, avere gli strumenti, saper leggere e scrivere, saper parlare, volerci essere e voler provare ad andare da qualche altra parte sapendo che esiste un altrove.


Scuola, casa comune
Per fare tutto ciò è necessario che i ragazzi sentano la scuola come una sorta di casa comune, da proteggere e di cui prendersi cura partecipando alle tante attività di manutenzione, riordino e abbellimento; e servono adulti che impongano il piacere del sapere, con lo sguardo di chi accoglie e indica la strada, con convinzione e senza cedimenti. In una scuola che non è solo erogazione di un contenuto, ma una comunità capace di guardare e di vedere questi ragazzi e queste ragazze e tutta la voglia di farcela che hanno dentro.
La preside, come la chiamano tutti, per affermare la normalità altrove scontata è implacabile: puntualità, massima pulizia dell’uniforme e di sé nei laboratori di cucina, bar e sala, rigore anche con i genitori, che spesso sono solo dei ragazzi un po’ più grandi. Questa la sua ricetta per mettere loro le ali ed essere pronti per spiccare il volo altrove. «Ai miei ragazzi, che portano sull’anima l’eredità incolpevole del Parco Verde – racconta – è richiesta l’impeccabilità che deve servire a questo, a costruire fiducia in se stessi e nelle proprie capacità e soprattutto a desiderare altro, altrove: la stanchezza di un lavoro onesto, una paga giusta, un ambiente di lavoro serio pulito».


Insieme si può
La scuola ha due indirizzi di specializzazione: servizi di enogastronomia, sala, vendita e accoglienza turistica e settore tecnologico con corsi di meccanica, elettronica, informatica e agraria e conta più di 800 iscritti.
Da sola, contando su una rete di relazione con imprenditori in diverse città italiane, costruisce per i suoi ragazzi opportunità trasparenti «perché – e ci tiene a sottolinearlo – arrivare dal Parco Verde non è un lasciapassare per farsi sfruttare o essere calpestati nella propria dignità. Messi nelle condizioni giuste i miei alunni sanno farsi apprezzare e spesso vengono considerati i più bravi, perché hanno una marcia in più, quella di chi, quando viene al mondo, ha già un vissuto».
In 15 anni tanti si sono diplomati, molti sono rimasti qui, alcuni lavorano in altre regioni, altri (anche uno solo sarebbe troppo per lei) non sono arrivati all’esame finale. Il bilancio ha i chiaroscuri che hanno sempre le somme che fa chi lavora mettendo mani, testa e cuore nelle difficoltà delle vite delle persone. Si gioisce delle presenze sul registro ma si pensa a chi ha lasciato il banco vuoto, che perdendo un giorno di scuola ha perso l’occasione di consolidare la libertà di decidere della propria vita.
Ora il suo sogno e il suo progetto è creare un ristorante nella scuola. Così, dopo aver mandato tanti ragazzi a scoprire altri mondi, porterebbe il mondo al Parco Verde, per far vedere a tutti che anche qui si possono realizzare tante cose belle, di qualità e di valore.

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