Gigi Pedroli. Incisore, maestro d’arte e anche poeta, scultore e chansonnier

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Gente così dovrebbe essere specie protetta, perché unica e rara e perché di Pedroli non ce n’è più tanti in giro: lui è una storia nella storia

Già il posto dice bene. Alzaia del Naviglio grande. Tramonti di luce e d’acqua. Ringhiere, vicoli, osterie. Nostalgia de Milan. E lui sulla porta di un antico palazzo tra un glicine e una vite canadese che abbraccia il muro. Gigi Pedroli, incisore. Meglio: maestro d’arte. Ma anche chansonnier, poeta, scultore, pittore. In sintesi: uno spirito libero. Poteva essere una specie di suonatore Jones del Ticinese, un girovago dell’arte capace di raccontare con la chitarra le vite fuori dal comune di balordi e tipi strani, ligera e balabiott “senza un pensiero, non al denaro, non all’amore, nè al cielo”, come nella canzone di De André.
E invece ha lasciato l’avventura musicale ai ricordi del vecchio Derby di via Monterosa e anche un posto sicuro da grafico pubblicitario e si è messo in proprio per l’avventura della vita: ha chiamato quattro pittori che vagabondavano sui Navigli e con loro si è appropriato dell’arte dell’acquaforte, cioè dell’incisione. Nel giro di qualche settimana ha trovato un torchio come dio comanda e si è messo a disegnare su vasi e ceramiche e poi su lastre di zinco, con risultati prima buoni e poi straordinari. Così ha deciso di fondare un monumento di rara bellezza che tutti dovrebbero conoscere perché è un luogo di incontro e di umanità nella Milano che resta ancora Milano: il Centro dell’Incisione Alzaia Naviglio Grande, dove i giovani artisti oggi vanno a bottega, come in una scuola del Rinascimento.
Gente cosi dovrebbe essere specie protetta, perché unica e rara e perché di Pedroli non ce n’è più tanti in giro. Lui è una storia nella storia per cui non basta l’Ambrogino del Comune di Milano, che pure ha ricevuto. Per fortuna l’ha raccontata in un bel libro Pietro Ichino, giuslavorista, deputato e senatore che si è battuto per la tutela del Centro: Il segreto del Naviglio grande. C’è la vita di Pedroli, segnata dalla morte per tubercolosi del padre, proprio nel giorno in cui nasce il figlio, nell’anno 1932, e dalla fine prematura della madre, quando ha appena due anni. Per le nonne e le zie diventa così el por Gigino, un bimbo coccolato ma anche intristito dalla mancanza dei genitori, un orfanello destinato ad imparare presto un mestiere e per il quale c’è la scuola Rinnovata Pizzigoni, dove si impara a far di conto ma anche a mungere le mucche, può sempre servire. E poi il collegio di don Guanella, prima a Cassago Brianza e poi in via Mac Mahon; un paracadute della provvidenza per i giovani orfani, dove si impara a crescere ma non a trattenere i pianti e le malinconie. «Certe sere le passavo davanti alla finestra, a immaginare la vita di Milano. Quando ci passo davanti ancora oggi mi commuovo. è la mia finestra dei ricordi», dice Pedroli.
è bravo a scuola, disegna bene e ha talento, studia pianoforte, coi compagni è carismatico, eclettico, ma deve sempre superare uno scalino in più. Il primo lavoro è in officina dagli zii, aiuto meccanico, ma non è roba sua. Cerca alternative ma la salute non lo aiuta. C’è anche per lui il dispensario e il ricovero al Sacco e poi al sanatorio di Sondalo: brividi, pensando alla morte di papa e mamma per tubercolosi. è un bel ragazzo però, e l’amore lo ricompensa. A 25 anni conosce Gabriella, impiegata della Stip, bella e dolce come una Romy Schneider dei Navigli: un corteggiamento d’altri tempi, al freddo, al caldo e nella nebbia, intorno alla fermata del tram numero 12. è la donna della vita. Diventa per lui il volto delle prime creazioni pubblicitarie, incoraggia la sua creatività nell’arte e nella musica, sognano insieme e nel 75 via, si buttano, nasce il mitico Centro dell’Incisione. Sono ancora lì, a incontrare giovani e a incoraggiare i talenti, con la loro bella storia milanese.

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