Homeless ma con un lavoro regolare Un tragico destino che ci riguarda tutti

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Alcuni homeless hanno un lavoro, ma non possono permettersi un affitto. Sono quelli che non vediamo, che assomigliano a noi e che, per un periodo più o meno lungo della loro vita, sono costretti a fare una vita faticosa. Sono persone che incontro per strada, vestite in maniera dignitosa, lontane anni luce dallo stereotipo del senzatetto. Vuol dire che può capitare a chiunque, e anche per questo è un problema che riguarda tutti

Cambridge, la città in cui vivo, è a poca distanza da Boston ed è suddivisa in piazze. La mia casa è a cinque minuti a piedi da Central square, la zona in cui soggiorna la maggior parte della popolazione homeless della città. Mi sono sempre chiesta il motivo per cui stiano proprio qui, e ho deciso di chiederlo al mio caro amico Felix Jones, che lavora in uno dei progetti a cui si rivolgono i senzatetto. I programmi sono organizzati in rete e per questo sono molto efficienti.


Un bel posto per i senzatetto
«Malgrado tutto, Cambridge è un buon posto per essere senzatetto, perché è legale fare tante delle cose che in altri Stati è proibito: qui si può dormire in pubblico, si possono avere bevande alcooliche, si può chiedere l’elemosina. Inoltre, qui a Central, ci sono molti dormitori, molte chiese, una rete efficiente di centri d’accoglienza. Non è mai bello essere homeless, soprattutto se lo sei per tanto tempo, ma almeno qui le persone sono protette. La mancanza di bagni pubblici crea molti disagi, perché si trovano soltanto nei dormitori e bisogna essere registrati e restare nei paraggi. Central square è organizzata molto bene: chi ha un problema di tossicodipendenza, può ricevere siringhe gratuitamente, recarsi in centri che sembrano piccole cliniche mediche per iniettarti; posti puliti in cui c’è sempre un paramedico che sa gestire possibili overdose. Un posto in cui si offre, soprattutto, dignità e i pregiudizi rimangono fuori».
Molti senzatetto hanno dipendenze da alcool e droghe che vengono trattate come malattie e non come delle debolezze, ma non sempre vengono seguiti come si dovrebbe. Finché sono per la strada è difficile dare loro un supporto continuativo.
«Ci sono tanti appartamenti vuoti, che potrebbero essere assegnati, ma la burocrazia rende tutto molto difficile – dice ancora Felix –. Per essere considerato chronically homeless, bisogna essere in strada da un anno, avere almeno un caso di arresto, stare sempre allo stesso angolo di strada. Impossibile. Per di più, se non si ha un indirizzo, è molto difficile poter ricevere i documenti necessari per ottenere un appartamento».
Ci sono, però, molti programmi che offrono un tetto, grazie al volontariato e a fondi statali. A Cambridge, città che d’inverno raggiunge i venti sottozero, esistono centri in cui si può andare per stare al caldo, dove offrono coperte, un pasto, una doccia e vestiario.


Può capitare a chiunque
Ma di tutto quello che Felix mi ha raccontato, la parte che mi ha colpito di più è la condizione di molti studenti o persone con famiglie ricche alle spalle. «Ho tanti amici universitari che vivono in macchina o dormono sui divani di amici e perché non hanno dimora. Un’amica è stata cacciata dalla famiglia, molto abbiente, perché lesbica e da un giorno all’altro si è trovata senzatetto».
Alcuni suoi clienti hanno un lavoro, ma non possono permettersi un affitto. «Sono gli homeless che non vediamo, quelli che assomigliano di più a te e a me e che, per un periodo più o meno lungo della loro vita, sono costretti a fare una vita faticosissima». Sono persone che incontro per strada, sui mezzi pubblici, vestite dignitosamente, lontane anni luce dallo stereotipo del senzatetto. Vuol dire che può capitare a chiunque, e anche per questo è un problema che riguarda tutti da vicino.

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