Igiaba Scego «Siamo tutti chiamati a resistere alla crudeltà»

Con il suo ultimo libro, Cassandra a Mogadiscio, è finalista allo Strega. Igiaba Scego si racconta a Scarp. E parla di storie dolorose, di colonialismo, di memorie e di razzismo

Come Cassandra, la veggente, figlia di Ecuba e di Priamo, re di Troia, che vede la rovina della sua città distrutta dai greci, così Igiaba Scego nel suo libro Cassandra a Mogadiscio racconta la memoria di un Paese, la Somalia, sua terra di origine, distrutto dalla guerra fatta dagli uomini. Dentro quel dono profetico, la principessa troiana nasconde la sofferenza e il sogno di una vita libera dalla crudeltà umana, allo stesso modo nel suo libro – edito da Bompiani e candidato allo Strega 2023 – Igiaba Scego rievoca una storia dolorosa, la diaspora somala, e lo fa con la speranza con la quale si coltivano le memorie difficili da portare: tessere il sogno di una vita libera dalla violenza dell’uomo.
Da dove nasce innanzitutto Cassandra a Mogadiscio?
Con questo libro ho voluto cucire le memorie familiari in un Paese, il mio di origine, la Somalia, che con la guerra civile ha perso gli archivi nazionali e di conseguenza quelli familiari. L’unico modo per ricostruire un archivio è appunto la fonte orale. Che in questo libro non è solo mia madre, ci sono anche i miei fratelli. Ma c’è anche il controcanto che è la mia memoria personale.
Lei ha tessuto con pazienza la geografia degli affetti familiari. Come per tutti i memoir il rischio è l’autoreferenzialità.
Io penso che le biografie delle persone nere non sono mai autoreferenziali perché sono sempre politiche. Questo l’ho capito negli anni leggendo autori come James Baldwin, bell hooks, ma anche Marguerite Duras che non era afrodiscendente, ma ha avuto una vita sospesa fra l’essere colonizzata ed essere colonialista: lei è molto interessante sotto questo punto di vista. Noi che raccontiamo persone nere narriamo …

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