Il triste record del 2022: mai così tanti decessi di persone senza dimora

Facebook
Twitter

Non è difficile lasciarsi precipitare, lasciarsi andare, soprattutto se uno non è nato in Italia e non ha reti amicali o parentali a sostenerlo. è questo quadro che alimenta la grave emarginazione, aggravata dalle carenze del welfare

Un morto al giorno e la striscia si allunga ogni anno. Nel 2022 in Italia si è avuto il triste record di decessi di persone senza dimora. Già il 17 ottobre, in occasione della giornata mondiale di lotta alla povertà, si era toccata quota 289, almeno 43 morti in più di quelli registrati in tutto il 2021 e 81 in più considerando il 2020. Secondo la fio.PSD, Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora – che con il suo osservatorio mappa i decessi tramite le segnalazioni delle organizzazioni che seguono i senzatetto sul territorio nazionale – è il numero più alto negli ultimi cinque anni. Al di là dei numeri, i dati del 2021 spiegano che la maggior parte di queste persone, quasi la metà, viene ritrovata per strada, uno su tre in sistemazioni di fortuna e il 9% in stazione. Si muore anche in ospedale (12,2%). Si tratta soprattutto di persone malate e vulnerabili, affette spesso da diverse patologie che non riescono a curare stando sulla strada. Sono spesso i cosiddetti irriducibili, cui la mancanza di servizi sociali a bassa soglia di accesso, non offre alternative concrete alla vita solitaria di strada che in molti casi porta all’abbandono. In quali zone della Penisola avvengono i decessi? La percentuale più alta, un terzo circa, si concentra nel Lazio e in Lombardia, in particolare nelle aree metropolitane di Roma e Milano. È una tendenza che, avverte la fio.PSD, potrebbe trovare conferma anche nel 2022.
Ottobre con i suoi report offre la possibilità di conoscere meglio l’universo in continuo mutamento del popolo della strada. Dall’ultimo rapporto Caritas sulla povertà sappiamo, ad esempio, che complessivamente le persone senza dimora incontrate dai centri di ascolto parrocchiali sono state 23.976 nel 2021, pari al 16,2% dell’utenza complessiva e alla metà circa delle persone di strada censite dall’Istat. Si tratta per i tre quarti di uomini, stranieri per due terzi – ennesima riprova della grande rivoluzione avvenuta anche tra chi sta in fondo alla scala sociale – e celibi (45,1%). L’età media di chi chiede aiuto alla Caritas è di 43,7 anni. Ed è soprattutto nelle strutture del Nord che vengono intercettati quasi il 50% dei clochard d’Italia. Dunque, anziani, maschi di mezza età e in maggioranza non italiani. E figli di poveri, come dimostrano i dati del rapporto della Caritas nazionale. La povertà, anche quella estrema, nasce da una propensione ereditaria. Chi è in povertà assoluta oggi, ovvero uno dei quasi sei milioni di italiani che non riesce a mettere insieme pranzo e cena, ha tra i 35 e i 55 anni, bassa scolarità e, se lavora, ha un impiego precario. Proviene perlopiù da famiglie con genitori a bassa scolarità e una famiglia monoreddito (il padre ha un lavoro poco qualificato). Quindi ha ereditato la sua situazione, peggiorandola, dopo anni di crisi e ristrutturazioni che lo hanno reso spesso un lavoratore precario e povero che cammina su un filo di lana come un equilibrista. Non è difficile precipitare, lasciarsi andare, soprattutto se uno non è nato in Italia e non ha reti amicali o parentali a sostenerlo. È questo quadro che alimenta la grave emarginazione, aggravata dalle carenze del welfare italiano, che è migliorato quanto a sussidi, ma non in efficacia. Ad esempio riesce a raggiungere con il discusso reddito di cittadinanza solo il 44% dei più poveri. Urge allora una ristrutturazione per arrivare agli altri. Ma oltre al dato dei sussidi ai più poveri, va tenuto d’occhio un altro numero impressionate: un milione e quattrocentomila bambini vivono in povertà assoluta in Italia. Semplicemente vergognoso perché nel Belpaese l’ascensore sociale si è fermato da un pezzo e le possibilità di farcela, oggi sono scarse. La prevenzione della caduta in povertà assoluta è complessa, soprattutto in una fase difficile come questa. Ma se non si riparte tutti insieme offrendo prospettive concrete e speranze ai più piccoli, non si va da nessuna parte.

Leggi di più

Gli ultimi articoli

Gli argomenti più seguiti