In bottega con la laurea

Facebook
Twitter

Secondo una ricerca realizzata da Confcommercio e Unioncamere, nel 2019 erano 1,3 milioni le imprese commerciali guidate da donne nel nostro Paese.
Il 47% delle imprenditrici del settore terziario è spinto dal desiderio di valorizzare le proprie competenze
e di realizzarsi personalmente, più che dal successo economico. Scarp racconta le storie di chi ha deciso di mollare i ritmi frenetici di una carriera di alto livello per aprire una bottega di quartiere.

L’impegno nello studio, l’università, l’agognata laurea. Un lavoro in un ufficio. Tanti anni alla scrivania. Poi, un tarlo che inizia a rodere dentro, un pensiero che si fa più grande, prima desiderio, poi progetto. Quello che hai rincorso e costruito, a un certo punto, non ha più le misure della vita che vorresti. E così molli tutto e apri un negozio. No, non un chiringuito sulla spiaggia: semplicemente una bottega di quartiere.
È in sintesi la storia di Maddalena Cassuoli, 36 anni e da quattro una negoziante. Nella sua vita di prima ha lavorato nel campo della comunicazione a Milano, la sua città, poi si è trasferita a Vigevano, città della provincia pavese. «Il lavoro stava prendendo tutto il mio tempo e avevo bisogno di una dimensione più umana. Diventare pendolare ha appesantito ancora di più la mia insofferenza e mi ha portato a un punto di non ritorno. Ho immaginato una soluzione che mi restituisse soddisfazione, che fosse qualcosa di completamente mio e che mi permettesse di trasformare in lavoro, interessi che ho sempre coltivato: il riciclo, il recupero, la sostenibilità», così si racconta Maddalena, oggi titolare del negozio L’Antina, piccola bottega di abbigliamento di seconda mano nel centro storico di Vigevano.
«Da me si possono comprare capi di abbigliamento usati selezionati, ma anche accessori realizzati a mano con materiale di recupero da artigiani di tutta Italia – racconta –. Ma voglio che questo posto abbia anche lo spirito del negozio di quartiere: dove ci si conosce e si creano relazioni. Voglio sia luogo di riferimento su questi temi: le buone pratiche del riciclo, sensibilizzare ad un approccio responsabile al consumo, favorire la collaborazione».
Fin da subito, Maddalena ha organizzato laboratori creativi, serate di approfondimento, appuntamenti di scambio oggetti e swap party, attirando e incrociando pubblici diversi: ci sono donne che cercano pezzi vintage, le over 60 che hanno piacere a trovare tagli di una volta, ma anche i diciottenni sensibili alle tematiche ambientali: «Abbiamo in città un gruppo di giovani legati al movimento Fridays for Future molto attivo, con cui abbiamo una certa affinità e vicinanza». Gli appuntamenti de L’Antina, ora con tutte le limitazioni dovute al Covid, sono stati occasione anche per mescolare persone appartenenti a mondi diversi. Ma la storia di Maddalena, che ha scelto di mettere la laurea in un cassetto e aprire una bottega seguendo i propri interessi, mettendosi al centro di un locale che sia riferimento nel paese o nel quartiere, non è unica. Se ne è accorta lei stessa e ha iniziato a raccogliere storie di “esperienze sorelle”, fino a quando, a maggio, in pieno lockdown, ha aperto un blog per raccontarle e, di nuovo, fare rete. Questa volta online. L’ha chiamato Laureate in bottega e raccoglie ad oggi una cinquantina di storie. Ma tante le vengono segnalate continuamente.
«Sono ragazze e donne che un giorno, forti del proprio bagaglio di esperienze e della propria preparazione, hanno preso in mano “fegato e cuore” e hanno deciso di aprire una bottega. Investendo liquidazioni e chiedendo prestiti. Sentendosi dire un’infinità di volte “Ma allora cos’hai studiato a fare?”. E riuscendo a trasformare non solo il proprio sogno incosciente nel mestiere della vita, ma anche a trasforare i negozi di quartiere in un luogo di creatività e innovazione».


La nuova vita di Elisa e Silvia
C’è Elisa, 49 anni, che dopo la laurea e vent’anni di lavoro in una grande azienda agroalimentare è stata costretta a uno stop per una malattia: l’occasione per riprendere fiato e decidere che quei ritmi non le andavano più bene. Allora ha investito su quella che fino ad allora era solo un hobby, la maglieria e l’uncinetto, e ha aperto un negozio di filati a Faenza, in Emilia Romagna, la sua città: negozio che è diventato presto anche luogo di incontri e laboratorio creativo. O Silvia, 32enne originaria di Como, dove si è laureata in Scienze e Tecnologie per l’ambiente e dove inizia a lavorare nel settore della cosmesi. Nel 2018, però, si sposa e si trasferisce a Diamante, in Calabria, cittadina di mare che d’estate si riempie di turisti, per tornare a sonnecchiare durante il resto dell’anno. È qui che lei apre il suo negozio: una bio-profumeria in cui vende solo prodotti naturali ed ecologici e dove offre consulenze mirate alle clienti ormai affezionate.
«Ho aperto la mia bottega in una zona dove questi erano argomenti praticamente sconosciuti, e piano piano sto costruendo un mio seguito. Certo, non sempre è facile, ma io ci credo e mi concentro sulle persone che grazie ai miei consigli oggi sono soddisfatte. Sulle clienti che tornano e sulle scelte di sostenibilità che vengono comprese e apprezzate», racconta Silvia. Le storie delle laureate in bottega sono quasi sempre legate ad attività di artigianato, di creazioni realizzate con le proprie mani, oppure ai principi della sostenibilità, del biologico e dell’attenzione all’ambiente.
«Non so se ci sia una correlazione tra la sensibilità femminile e una attenzione a questi temi, però nelle “mie” storie c’è quasi sempre – commenta Maddalena, ripensando alle donne che ha conosciuto –. Mi viene da pensare che un legame, in effetti, ci sia: forse dove c’è una formazione di alto livello, c’è anche desiderio di innovazione sostenibile». Sembra pensare nella stessa direzione anche Patrizia Di Dio, vicepresidente nazionale della Confcommercio e presidente del gruppo terziario donna: «Negli ultimi anni abbiamo visto che la spinta per le donne a intraprendere nuove attività è dettata più dalla voglia di valorizzare le proprie competenze e le idee innovative, che dalla necessità economica».
E nonostante i dati raccontino che nell’ultimo anno la crisi ha colpito soprattutto le donne, le laureate come Maddalena sembra stiano reggendo il colpo. Alcune hanno addirittura deciso di lanciarsi in questa avventura in piena pandemia.
«Mi raccontano la consapevolezza di trovarsi nel pieno di un periodo molto faticoso, ma mi colpisce la voglia di trovare modi nuovi per fare quello in cui credono – prosegue –. Ho colto molta reattività: le ragazze hanno affrontato questo periodo con idee nuove, hanno trovato diversi modi per essere presenti per la propria clientela, c’è chi ha messo in piedi uno shop online in pochissimo tempo o ha portato a regime in fretta qualcosa di nuovo, e ora ha per le mani uno strumento in più».
Lo conferma Patrizia Di Dio: «Sono tante le donne imprenditrici che nella crisi hanno reagito, riorganizzando il futuro delle loro imprese, dei loro dipendenti, delle loro famiglie. Nel momento più difficile per l’economia del Paese, le imprenditrici femminili non mollano, scoprono aspetti inesplorati, vanno verso il trend del periodo anche con anticipo, sono attente al dettaglio, al prodotto di nicchia, sono naturalmente protese verso tutto quanto fa capo al settore dei servizi. Riorganizzano».

Leggi di più

Gli ultimi articoli

Gli argomenti più seguiti