La Partita della Pace

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Natale 1914. Se partita ci fu, il risultato non interessa

Salvatores, che una partita a calcio la infila in tutti i suoi film o quasi, ai tempi non era nato, ma un film su questa storia, che confina con la favola, è stato girato nel 2005 da un francese, Christian Carlon. Titolo: Buon Natale – Una verità dimenticata. Altra data: 2014. L’11 dicembre Michel Platini inaugura un monumento in un paesino fiammingo: Ploegsteert. In memoria della Partita della Pace. Viene letta la frase di un soldato tedesco che vi prese parte, tratta dal suo diario: “Il pallone aveva rimpiazzato le pallottole, e per la durata di una partita di calcio l’umanità aveva ripeso il sopravvento sulla barbarie”.
Verissimo, ma restano molti dubbi sulla parola “partita”, e vedremo perché. Nessun dubbio che la mattina del 25 dicembre 1914 la guerra si sia fermata e nessuno dei soldati abbia sparato. Può essere accaduto a Ploegsteert ma anche a Saint Yves, a Comines o in altri piccoli centri sul fronte occidentale. Una spaventosa guerra fra trincee divise da una fascia di terra di nessuno non più larga di cento metri. Testimonianza di Bruce Bairnsfather, capitano inglese, che nel dopoguerra sarebbe diventato famoso come disegnatore umoristico. «Era stata una notte tranquilla, senza spari, e anche la mattinata era tranquilla. I tedeschi avevano messo candele sui bordi della trincea e cantavano Stille nacht. I nostri si sono uniti al coro con Silent night, sempre la stessa canzone. Poi di qua e di là hanno gridato: «Non sparate, usciamo disarmati». «E timidamente, uno alla volta, guardinghi, fosse mai una trappola, poi più numerosi perché nessuno aveva sparato, molti sono usciti dalle trincee e si sono fermati a metà strada. Qualcuno s’è stretto la mano, qualcun altro s’è abbracciato, è cominciato uno scambio di regali. Ho fatto da spettatore alla partita fumando un sigaro regalato da un tenente tedesco».
I nemici, amici per un giorno, si scambiano cioccolato, tabacco, grappa, whisky, indirizzi, bottoni delle divise. La guerra è cominciata da pochi mesi, ogni soldato pensa a casa sua ed è già una ferita. I grandi massacri, l’uso delle armi chimiche a Ypres devono ancora arrivare. La partita di calcio forse c’è stata, si dice abbiano vinto 3-2 i tedeschi. Di sicuro dalla trincea inglese parte un oggetto tondeggiante che vorrebbe essere un pallone, e si posa sulla terra di nessuno. È un pallone fatto di stracci. Si esita, chi incomincia? Quello che incomincia dà un calcione alla palla di stracci e l’invia lontano, la insegue e tutti dietro, a rincorrerla come si faceva da bambini, in un’ammucchiata che durerà fino a sera. È Natale e per un giorno si può uscire dai fossati, per un giorno basta alla vita da topi, per un giorno si torna bambini o si ridiventa uomini, per un giorno amici, fratelli con cui spartire qualcosa, non nemici da abbattere, sagome che i cecchini inquadreranno nel mirino, corpi da sventrare con le baionette negli assalti all’arma bianca. Quella mattina di Natale, non importa dove, i soldati decretano una tregua. L’aveva chiesta anche Papa Benedetto XV, agli inizi di dicembre, con un appello ai governi coinvolti: «I cannoni possano tacere almeno nella notte in cui gli angeli cantano». Cantano ma non contano: richiesta respinta.
I soldati decretano una tregua, è giusto scriverlo perché quel Natale 1914 nasce su spinta dal basso. I graduati presenti, tenenti e capitani, aderiscono oppure non si oppongono. Del fatto gli alti comandi vengono a conoscenza giorni dopo, leggendo la corrispondenza partita dal fronte, e non la prendono benissimo. I giornali tacciono, sulle prime. Ne parlano in gennaio il New York Times e due giornali inglesi, Daily Mirror e Daily Sketch. In Francia il governo avverte: fraternizzare col nemico è tradimento, si finisce davanti alla Corte marziale. Nel 1915 a Pasqua, sventolando bandiera bianca, soldati tedeschi chiedono una tregua agli inglesi: non concessa. Un inglese del 15° Battaglione, Bertie Felstead, raccontò di una partita di calcio tra tedeschi e inglesi durata solo mezz’ora perché interrotta dall’indignata reazione degli ufficiali inglesi. Insomma, non tutto è chiaro. Di certo saltò fuori un pallone, un pallone rudimentale, ma è difficile immaginare una partita o qualcosa che le somigli. Non tanto per l’assenza di arbitro e guardalinee, di porte, ma perché non si può parlare di due squadre ma di due gruppi, 50 contro 38 o giù di lì, che correvano appresso a un pallone. Su un campo (di battaglia) segnato dagli obici, dalle granate. Su quel campo li accomunava la voglia di vivere, la paura di morire. Ecco perché, se partita ci fu, il risultato non interessa.

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