Le parole al femminile e un racconto sull’amore per gli altri

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Alle tante parole al femminile e ai nomi di donna che troverete vorrei aggiungerne due come in una magica anteprima: la parola Favola e il nome Elsi

Questo non è un editoriale tradizionale ma un ringraziamento alla redazione che mi ha scelto e ha condiviso con me l’idea di fondo di questo numero speciale; a monsignor Mario Delpini, arcivescovo di Milano, per il prezioso contributo intellettuale e morale; alle straordinarie protagoniste delle storie che leggerete; a Silvia per lo splendido disegno di copertina; a Elisabetta, Francesca, Gaia, Giovanna e Paola che hanno scritto per noi ma soprattutto per voi.
E alle tante parole al femminile e ai tanti nomi di donna che troverete nel dossier all’interno voglio aggiungerne due come in una magica anteprima: la parola Favola e il nome Elsi, la piccola di Kafka e la bambola viaggiatrice.
Un libro ispirato dall’incontro dello scrittore – che diventerà postino di lettere immaginarie firmate da una bambola – con una bambina che aveva smarrito la sua compagna di giochi. Un racconto sull’amore per gli altri che è la ragione sociale di Scarp de’ tenis. Questo è un breve capitolo.

Arrivò al parco un po’ più tardi, innanzitutto perché il negozio era abbastanza lontano, e poi perché la lettera, anche se molto, molto breve, era sgorgata da un’ispirazione finale, soltanto due ore prima. Si inoltrò nel sentiero con il pacco sotto il braccio e camminò per quei luoghi familiari guardandosi attorno attentamente, alla ricerca del suo obiettivo. La panchina su cui si erano seduti giorno dopo giorno lui ed Elsi era vuota come sempre, all’ombra (…).
Era una bella panchina.
La migliore.
Franz Kafka ricordò la passeggiata che aveva fatto tre settimane prima, il mattino in cui il pianto di Elsi aveva turbato il suo equilibrio, catapultandolo nella storia più incredibile della sua vita. Ricordò di nuovo le sensazioni, l’eco dei suoi pensieri, il balsamico effetto di quella pace (…).
Un regalo.
E lui lo assorbiva come una spugna, lasciando vagare lo sguardo, attingendo energia per l’anima, inseguendo sorrisi tra gli alberi (…).
Tutto uguale a tre settimane prima. Uguale ma molto diverso.
Elsi era nella zona in cui giocavano i bambini, insieme a due amichette ritrovate dopo la parentesi delle lettere. Non notò la sua presenza finché una delle sue compagne lo guardò, stupita di vederlo così immobile. Allora anche lei girò la testa.
Gli occhi della bambina si illuminarono.
“Signor postino!”

Corse verso di lui interrompendo il gioco. Franz Kafka si chinò per ricevere il suo abbraccio e fermare lo slancio della corsa (…).
“Ciao, Elsi”
“Ciao! È venuto a consegnare una lettera a qualcuno?”
“Si, a te”.
“A me?”
“Una lettera e questo pacchetto”. Glielo mostrò.
“Cosa c’è dentro?”. Dal faccino della piccola traspariva tutto il suo stupore.
“Non lo so. È arrivato stamattina”.
“Da parte di chi?”
“Di Brigida”. Il suo sguardo si riempì di luce e il sorriso le si allargò sulle labbra (…).
“Credevo che non mi avrebbe più scritto”, Elsi era perplessa.
“E invece hai visto…”
“Cosa faccio?”
“Aprilo”.

Strappò impaziente la carta che lo avvolgeva e il suo compagno si preoccupò di raccoglierla. A poco a poco sotto la vistosa carta colorata comparve una scatola. E stampato sulla scatola…
“Signor postino”, balbettò Elsi.
Era la bambola più bella che aveva trovato nel negozio. Di porcellana, con i capelli biondi, gli occhi mobili, labbra da sogno e un vestitino deliziosamente rosso. “Caspita”, finse di essere sorpreso.
“È…bellissima”, Elsi non riusciva quasi a parlare.
“Lo è davvero”.
La scena si congelò per un attimo. La bambina che ammirava quella magnifica bambola e Franz Kafka che contemplava lei. Il tempo si fermò per avvolgerli. Poi lui le consegnò la lettera. L’ultima lettera di Brigida. Adesso sì.
“Te la tengo io” e fece il gesto di prendere la bambola.
“No” se la strinse al petto. “Lei apra la busta”.
Lo fece, sollevandone delicatamente un lembo ed estraendone un foglio su cui c’erano soltanto poche righe. Lasciò che un alone di mistero accompagnasse quegli attimi finali (…).
“Elsi ti voglio molto bene” lesse. “Grazie per avermi dato la vita e la libertà di viverla. Sii felice. E si firma Brigida”.

“Me l’ha regalata?”
“Sembra di sì”.
Il faccino di Elsi era una poesia, una canzone. Abbracciò la sua nuova bambola, stretta stretta, e le diede il primo bacio affettuoso che ne sanciva l’esclusiva proprietà.
“C’è un’altra cosa” disse lui.
“Cosa?”
“Un post scriptum. Dice: si chiama Dora”.
“Dora!” In pochi secondi tutto sarebbe finito. In pochi secondi Elsi se ne sarebbe andata via per sempre, con Dora nella sua vita. In pochi secondi lui sarebbe rimasto solo. Pochi secondi. A volte il tempo era generoso.

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