Le poesie dei bambini. Parole vive in mezzo a una ressa di parole morte

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I viaggi di Chandra Livia Candiani nelle periferie milanesi, con sosta nelle scuole elementari tra i bambini
delle diverse etnie, ci regalano un libro miracoloso. Bimbi che scrivono per i bimbi che abbiamo attorno, per i bimbi che siamo stati

Si chiama Chandra Livia Candiani. Vive a Milano, ha origini russe. Scrive poesie che contengono la delicatezza del suo fisico, il suono leggero della sua voce, la forza che solo parole scelte emanano. Oltre a scrivere, a tradurre, ad insegnare meditazione, Livia incontra allievi speciali per modi, luoghi e tempi particolari.
Viaggi nella periferia milanese con soste nelle scuole elementari tra i bambini di diverse etnie che frequentano non sempre con costanza, con la possibilità di continuare gli studi.
Questo attraversamento geografico e umano ha prodotto un libro miracoloso. In collaborazione con Andrea Cirolla, scrittore e autore di Ma dove sono le parole?, Effigie edizioni, contiene una domanda; le pagine offrono risposte straordinarie. Le parole sono state cercate, trovate e abbinate da poeti minuscoli per età, maiuscoli per sensibilità e visione; delicatezza e acume. Dunque una raccolta, divisa in otto temi, otto spazi dentro i quali ciascun bambino ha composto liberamente: Il silenzio, Le parole, L’autoritratto, Il mondo, L’addio, I grandi, Quello che conta, Che cosa è la poesia. «Quello che amiamo dei bambini e degli animali – racconta Chandra – è che non fanno niente apposta, gli viene così. Noi costruiamo percorsi, mappe, progetti, luoghi, discorsi e loro spostano tutto, scavalcano, cavalcano, bucano, scassano, impilano, ci disfano e ci rinascono…Quello che si ripete in ogni incontro è il loro bisogno di parola viva, di sentire che anche a scuola ci possono essere delle sorprese». Sono loro, i bambini, a fornirle. Ripetutamente e ad ogni lettore.
L’amore alcune volte
dice: boh!
Oreste, dieci anni, italiano
I miei familiari sognano
ad occhi aperti
ma pagano ad occhi chiusi.
A noi manca
solo
un tocco di pazienza,
un tocco di pazienza, per favore.
Joy, nove anni, filippina
Le mani che scrivono le poesie
sono le stesse mani
che fanno le pulizie.
Ramayana, otto anni
Ramayana è una bimba rom. Il campo dove viveva e dove Chandra Livia Candiani l’ha incontrata è stato sgomberato. A lei e alle poesie composte dai bambini di quella comunità scomparsa è riservato il capitolo finale, accompagnato dal ricordo di un’esperienza se possibile, più anomala e peculiare. Abbastanza per farci comprendere una volta di più, quanto poco conosciamo mentre molto chiacchieriamo, giudichiamo. Sta qui, credo, il valore del libro. Ripropone una via semplice per comunicare, per far sbocciare nella vicinanza i fiori che stanno tra l’anima e il cuore di ciascuno di noi. Il risultato sono righe perfette in ogni imperfezione. Frasi affilate, dolenti, energetiche scritte da persone che probabilmente e forse non aspettavano altro per cacciar fuori un sentimento, una sofferenza, un sogno fresco o infranto. Nel farlo, senza alcun filtro, senza premeditazione, «ci disfano e ci rinascono», come dice Chandra. Proprio così. Parole vive, in mezzo a una ressa di parole morte. Messaggi lanciati da bambini costretti a fare i conti con gli adulti, con le trascuratezze, le violenze, le dolcezze del vivere. Con una maestra capace di sfiorare le loro membrane vibranti. Bimbi che scrivono per i bimbi che abbiamo attorno, per i bambini che siamo stati. Grazie.

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