L’insegnamento di Alex ZanardiCinque secondi per ripartire

Facebook
Twitter

Trasformare persino una fregatura colossale in uno stimolo per individuare un’altra via, nuova, comunque entusiasmante. Perché la vita, ecco, la vita l’è bela, anche senza l’umbrela

Si chiama Alessandro Zanardi. Alex. Ne scrivo qui con un giramento di balle forte quanto lo slancio affettivo, emotivo, insomma quei trasporti lì. Ma sì, perché Alessandro aveva già pagato un conto salatissimo dopo quell’incidente inguardabile del 2001 che portò (dopo sette arresti cardiaci) all’amputazione di entrambi gli arti inferiori. Macché: un altro scherzo tremendo del destino, scontro con un camion con la sua handbike, giugno 2020. Le conseguenze: gravissime. Il recupero: una nuova via crucis.
Non sto qui a dire delle sue condizioni attuali perché sono in evoluzione, perché rispetto la riservatezza della famiglia. Preferisco ricordare ciò che Zanardi ha imparato (o insegnato?) e poi illustrato, senza mai metterla giù dura, a ciascuno di noi. Vale a dire la scoperta, sempre possibile, delle nostre risorse interiori, magari nascoste, date per disperse, sopite. Vale a dire il valore enorme della parola “opportunità”. Ciò che ci capita, ci passa sotto il naso e va raccolto come una occasione non data a chiunque, mai scontata. Anche se il naso è fratturato. Anche se ci sentiamo sfigati, stanchi, battuti. Vale a dire, cogliere. Rintracciare un senso nell’ombra, nella disperazione, nella fatica. Trasformare persino una fregatura colossale in uno stimolo per individuare un’altra via, nuova, comunque entusiasmante. Perché la vita, ecco, la vita l’è bela, anche senza l’umbrela.
Ho avuto l’onore e il privilegio di stare vicino ad Alessandro quando era un giovane pilota di talento, quando è diventato un campione del motorismo internazionale, quando ha saputo trasformare un colpo, all’apparenza da ko, in uno stimolo, persino – il termine è forse eccessivo – in una benedizione. Con lui e grazie a lui ho conosciuto donne e uomini feriti, mortificati, offesi che hanno deciso di rialzarsi, riconquistare consapevolezza e una energia così potente da diventare contagiosa. Persone che dovrebbero girare a tempo pieno nelle nostre scuole, nei nostri uffici per “ungerci”, dare misura più reale e autentica alla parola “fortuna”. Cinque secondi, ripete Alessandro. Cinque secondi sempre disponibili, anche quando sei proprio alla frutta, sfinito, per agguantare una riserva segreta e vitale, ciò che permette di ripartire, ricominciare, non rinunciare.
Su queste pagine parliamo spesso di buoni esempi. Ecco, qui ne abbiamo uno e poi tanti, molti. Esseri umani che ci provano, tenacemente, ora dopo ora. Che scavano e scovano pepite impensabili. In definitiva tentano di migliorare se stessi, guardando da un’ottica stravolta il panorama, la realtà. Lo fanno loro? Beh, porca malora, posso farlo anch’io. Che ho il guardaroba pieno, quattro soldi in tasca, gambe, braccia, libri e cibo, insomma una infinita quantità di ricchezze ad altri negata. Zanardi mi ha insegnato, senza nemmeno spiegare, l’inconsistenza di ogni vittimismo. La pochezza di un vizio. La consapevolezza di un privilegio, piccolo o grande non importa. Importa, piuttosto, comportarsi di conseguenza, darci dentro, andare avanti anche se fa male un braccio, se ti senti l’ultimo della pista, il più sfigato dell’universo. Non è così. E anche se fosse così, ciascuno di noi ha almeno cinque secondi per mettersi in bolla, ripartire. Con la sensazione che nessuna corsa è davvero perduta, nessun traguardo è precluso. Il fatto è che non importa tagliarlo. Importa pensare di farlo. Basta questo per sentirsi, dopo un po’ – ma pensa te – un vero campione.

Leggi di più

Gli ultimi articoli

Gli argomenti più seguiti