Nando va avanti grazie ai suoi libriQuello che chiede è solo una chance

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Peccato non ci siano più cantori per storie come quella di Nando che ogni settimana invece di avanzare nella graduatoria per avere una casa popolare, retrocede.
Ci mancano Jannacci, Gaber, Svampa e poeti come Loi e la Merini. «Ho fatto richiesta di una abitazione temporanea tramite l’assistente sociale ma dopo quasi due anni non è arrivata nessuna risposta»

Nando è finito sulla strada senza volerlo. È ancora lì, stazione Domodossola del metrò, senza un lavoro, una casa neanche a parlarne. Vende libri usati a due euro e ci aggiunge sempre un sorriso. Salute precaria, polmoni scassati, il cuore anche. È venuto a Milano in cerca di un’altra vita, quella di prima in Sicilia era andata male: separato dalla moglie, il disagio della povertà da nascondere, un biglietto di sola andata sul treno della speranza che ferma alla stazione Centrale. Ha fatto per un po’ l’elettricista, ma dal 2008 più niente di stabile: lavoretti a rotazione come interinale, tre mesi di qui, due mesi di pausa, altri tre mesi di là. Paga precaria, come la vita. E l’affitto che non si riesce a pagare.
Una storia comune a tanti altri che, scalino dopo scalino, finiscono talmente in basso che non ce la fanno più a rialzarsi. Lo sfratto è stata la botta finale per Nando. Che sarebbe finito in qualche dormitorio o rannicchiato nei cartoni sotto i portici se non ci fosse stata la brava gente del quartiere, quelli che fanno i volontari nella parrocchia di Sant’Ildefonso. Milano è una città che ha perso di vista se stessa nella corsa al business e al Pil, ma ogni tanto si riscatta con gesti di nobile altruismo: riesce a far sentire meno sole certe persone che avrebbero tutto per essere disperate. In pochi mesi Nando è stato avvolto nella solidarietà del quartiere.
Siccome non vuole umiliarsi a chiedere elemosine, ha messo su un banchetto di libri usati. All’inizio erano pochi, non c’era nemmeno scelta. Via via, la bottega all’aria aperta si è arricchita di titoli e lui ne è diventato orgoglioso. La sua storia è finita sui giornali, sui siti web, persino in tv. Tutti hanno elogiato il suo coraggio, la forza di non arrendersi. E anche la sua naturale simpatia.
Ma il problema vero di Nando è trovar casa. Un tetto e una residenza sono un certificato di garanzia anche per avere un lavoro nelle categorie protette.
Senza domicilio è difficile rimediare assunzioni, anche precarie. Per questo alcuni cittadini chiedono al Comune di non lasciare Nando nel limbo dei richiedenti che ogni settimana, invece di avanzare nelle graduatorie di Aler e Mm, retrocedono. Peccato non ci siano più cantori per storie come la sua. Ci mancano Jannacci, Gaber, Svampa e poeti come Loi e la Merini. «Ho fatto richiesta di una abitazione temporanea tramite l’assistente sociale – racconta Nando – ma dopo quasi due anni non è arrivata nessuna risposta».
Milano non è crudele («Io non la cambierei con nessuna altra città» – dice) ma la burocrazia fa male. Per fortuna ci sono i libri, che regalano a Nando piccoli frammenti di felicità. La sua bancarella è diventata un punto di ritrovo del quartiere e il sagrestano della parrocchia lo aiuta a smistare le donazioni. Chi esce dalla buca del metrò se lo trova davanti, con la barba bianca e la felpa che gli hanno appena regalato. Anch’io ho ricevuto al Corriere lettere che testimoniano amicizia nei suoi confronti. Diamogli una chance, scrivono. Nando se la merita. E non è il solo.

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