Paolo Giarrusso, giornalista-custode La passione del possibile

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Oggi lo intervistano i colleghi, va in tv, è una notizia nella notizia. Ma a noi piace vedere nei suoi occhi la luce dell’entusiasmo che si accende di speranza. Giarrusso è la passione del possibile. Un miracolo a Milano

La storia non accade, si scrive o si inventa, ma in via Fauchè, nel condominio che sembra una città nella città con cinque numeri civici, duecento appartamenti e trecento persone, questa storia è accaduta dopo essere stata scritta e inventata attraverso una magica combinazione di fattori che ci dicono, nonostante tutto, che la vita non è mai stanca di ricominciare. E così Paolo Giarrusso, giornalista senza giornale costretto a reinventarsi un mestiere dopo averlo perso, da cinque mesi può dire che niente è impossibile quando si crede alla bellezza dei propri sogni ed è straordinario essere diventato una notizia dopo aver passato gli anni ad inseguirla. Perché lui dalla guardiola di una portineria nella Milano attrattiva e opulenta dei grattacieli, a 65 anni compiuti, è il primo e unico giornalista-custode della storia, un inviato sul campo che misura dal basso efficienze e inefficienze della città, costretto a sgobbare lucidando portoni e pavimenti per portare a casa uno stipendio, ma capace di mettere davanti a una telecamera sindaci, preti, attori, cantanti, politici e docenti, una compagnia di canto intitolata: Milanesi in portineria.
Con la storia si parte da lontano, tv locali, anni Novanta, sport e intrattenimento: Giarrusso è giornalista da bosco e da riviera, una faccia da film di Truffaut, gentile nei modi ma diretto nel fare. Per più di vent’anni è l’intervistatore di punta in una tv privata, lavoro di nicchia, gratificazioni abbastanza, lo stipendio sicuro. A 58 anni il salto nel buio: la crisi morde e la tv licenzia, perde il lavoro e non è facile trovarne un altro. Milano prima dell’Expo non era quella di oggi: finita la baldoria di Berlusconi, nel 2012 l’Italia rischiava il default e il governo Monti annunciava la stretta sulle pensioni in un clima da lacrime e sangue. Dal giugno 2013 al 2015, Giarrusso verifica che l’arte di arrangiarsi non basta per vivere. È separato di fatto, ha un figlio di 17 anni di cui va orgogliosissimo, le collaborazioni spariscono e quelle superstiti, talmente svalutate, non rendono nemmeno le spese: si affida alla Caritas, chiede una mano per pagare l’affitto di casa. «Due anni terribili, senza quell’aiuto economico non ce l’avrei fatta», dice. Il lavoro bisogna cercarlo con il lanternino. Giarrusso cerca ma non trova: giornalismo addio, si reinventa portinaio. «Per mio figlio e per non restare sulla strada», ammette. Il condominio non è una cosa piccola. «è un supercondominio, importante e impegnativo», dice. E questo aiuta la rinascita. Piano piano Giarrusso ricostruisce i suoi anni e la sua vita, avvia con l’aiuto di un editor il canale YouTube intitolato Milanesi, storie a 360 gradi dalla metropoli lombarda. Ci crede, ma dura poco. L’editor si ritira. Gli resta la portineria, come un romanzo di Soriano, Triste solitario y final. A questo punto, chiedo scusa se la citazione mi riguarda, Giarrusso scrive una lettera al Corriere. Gli rispondo che non ho mai trovato un giornalista che fa il portinaio e che la portineria di un condominio puo diventare un osservatorio privilegiato per raccontare Milano: «Se hai fatto per anni il custode-giornalista, adesso prova a fare il giornalista-custode e fai le interviste in portineria…». È la scintilla che riaccende la passione. Il treno delle interviste si rimette in moto. Titolo: Milanesi in portineria. Logo: un Duomo racchiuso in un ingranaggio che simboleggia lavoro e progresso. È un successo. «La considero la mia vera rinascita professionale», racconta. Oggi lo intervistano i colleghi, va in tv, è una notizia nella notizia. Ma a noi piace vedere nei suoi occhi la luce dell’entusiasmo che si accende di speranza. Giarrusso è la passione del possibile. Un miracolo a Milano.

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