Rapporto povertà Si è ingrandito il Paese degli ultimi

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La povertà è ereditaria, cioè tende a trasmettersi “di padre in figlio”; la povertà è educativa, e così solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore riesce a ottenere un diploma universitario. E non basta avere un lavoro per dirsi al riparo dai pericoli: i dati segnalano l’incremento degli accessi ai centri d’ascolto, di chi può vantare un lavoro e il conseguente salario

I sismografi piazzati nei centri di ascolto delle Caritas di tutta Italia segnalavano da tempo il rischio di una povertà crescente e diffusa nel Paese. Rischio – e numeri – confermati nei nuovi Rapporti sulla povertà pubblicati a ottobre, da Caritas Italiana e poi da Caritas Ambrosiana. L’anello debole, è significativamente titolato il documento nazionale, secondo cui il Paese degli ultimi e dei poveri l’anno scorso si è ingrandito, fino a contare quasi 2 milioni di famiglie in povertà assoluta, ovvero poco più di 5,5 milioni di individui (di cui 1,4 milioni minori). A queste cifre fa eco il Rapporto ambrosiano, che evidenzia come nel 2021, nonostante i chiari segnali di ripresa dell’economia dopo la “gelata” pandemica, la domanda d’aiuto ai centri d’ascolto sia continuata a crescere, chiaro segnale di persistenza del rischio di povertà, o della condizione di povertà, in un’area sociale molto vasta.
Non esiste, peraltro, una sola povertà: ce ne sono tante, acuite dalle emergenze sviluppatesi nel 2022, ovvero la guerra e la crisi energetica. Tra gli “anelli deboli” del Paese vi sono i giovani: la povertà è ereditaria, cioè tende a trasmettersi “di padre in figlio”; la povertà è educativa, e così solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore riesce a ottenere un diploma universitario. E non basta avere un lavoro per dirsi al riparo dai pericoli: il Rapporto ambrosiano testimonia l’incremento degli accessi, ai centri d’ascolto, di chi può vantare un’occupazione e il conseguente salario. Occupazione però troppo spesso precaria e salario troppo spesso insufficiente, soprattutto quando in famiglia ci sono figli minori, e la ripresa dell’inflazione gonfia il peso di qualsiasi spesa.
Un tagliando per il Reddito
A questo panorama di difficoltà fa da contraltare l’operato, silenzioso ma decisivo, della fitta rete dei centri d’ascolto Caritas, stesa sull’intero Paese, da nord a sud, dai distretti produttivi avanzati ai territori legati a economie tradizionali, dalle aree metropolitane ai centri minori. Nel 2021, quasi 2.800 sportelli Caritas hanno effettuato oltre 1,5 milioni di interventi in Italia, mentre nella diocesi di Milano al campione censito di 125 centri d’ascolto (sui quasi 400 operativi) e dei 3 servizi diocesani, si sono rivolte 14 mila persone.
Detto dei poveri assoluti e conclamati, molti di coloro che si rivolgono alle Caritas vivono una condizione fluida, oscillando (soprattutto in tempi di caro-prezzi e bollette astronomiche) tra il dentro e il fuori dallo stato di bisogno. E anche questa constatazione impone una riflessione sull’adeguatezza delle politiche e degli strumenti di contrasto della povertà. In campagna elettorale è echeggiato spesso il dibattito sul Reddito di cittadinanza, misura “universale” introdotta in Italia negli ultimi anni, finora percepita da 4,7 milioni di persone. Ma – osservano le fonti Caritas – essa raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%) e solo il 22,3% delle persone che si rivolgono alle Caritas. Che sicuramente non sono – nella composita area del disagio – tra coloro che se la passano meglio… È evidente, insomma, che c’è spazio per un “tagliando” del Reddito e una revisione delle più generali misure di welfare. Ma non certo nel senso della riduzione delle risorse e del restringimento della platea dei beneficiari. «Gli strumenti sono da aggiustare, ma l’impegno è da mantenere, tanto più importante in un momento in cui la povertà si appresta a diventare più dura e più pesante», ha dichiarato il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei. Parole autorevoli, a cui c’è poco da aggiungere.

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