Roberto Saviano

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Benedetto, l’invisibile che tradì il “papa” è il racconto inedito scritto dall’autore napoletano per Scarp. è la storia dell’uomo che consegnò Michele Greco alla giustizia. «Nella storia di Benedetto – scrive Saviano – conta più cosa non era, rispetto a ciò che era. Perché è proprio questa sua tara, l’ossessione perenne del non essere, o del non essere abbastanza, che finirà per segnare il corso della sua vita».
E per i nostri lettori un altro regalo. Il capitolo Bruciare i Santi tratto dal suo ultimo libro Solo è il coraggio. Giovanni Falcone, il romanzo.
Una lettura che diventa ancora più significativa a pochi giorni dall’anniversario della strage
di Capaci. Il 23 maggio del 1992, trent’anni fa, la mafia uccise Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro

Benedetto non era un killer. Non era un capo, e non era neanche un uomo d’onore. Tecnicamente era un mafioso: così, almeno, l’hanno descritto i giornali e le informative di polizia. Ma con poca convinzione. Se per mafioso s’intende un uomo ben inserito nella cosca, fedele agli ordini del proprio boss – uno su cui, insomma, il padrino può contare e di cui si serve per i compiti delicati – allora Benedetto non era neanche un mafioso. Ecco: nella storia di Benedetto conta più cosa non era, rispetto a ciò che era. Perché è proprio questa sua tara, l’ossessione perenne del non essere, o del non essere abbastanza, che finirà per segnare il corso della sua vita.
Benedetto aveva ventisei anni quando scrisse una lettera indirizzata al giudice Falcone. Nelle settimane precedenti c’erano stati diversi arresti: il cerchio intorno al boss latitante Michele Greco, detto “il papa” – il capo storico di Cosa nostra che adesso subiva l’ascesa di Totò Riina – si stava stringendo. I suoi fedelissimi venivano ammanettati, portati in cella, interrogati. Ma nessuno fiatava. Il “papa” era un fantasma.
C’erano stati anche degli omicidi, nelle settimane precedenti. Proprio gli uomini che indagavano sul boss di Ciaculli – i poliziotti Ninni Cassarà, Beppe Montana, Roberto Antiochia – fidati collaboratori di Giovanni Falcone, erano caduti sotto i proiettili dei killer. Benedetto sapeva che polizia e carabinieri avrebbero dato ogni cosa pur di catturare il “papa”. Mentre lui… lui era solo un disgraziato. Anche lui avrebbe dato ogni cosa, pur di non esserlo più. Ed è proprio ciò che fece. Diede ogni cosa.
La lettera spedita al tribunale di Palermo era firmata “Raia”, ma il mittente era lui, il ventiseienne Benedetto Galati. Diceva: “Se volete prendere Michele Greco dovete fare come vi dico”. E cioè: pubblicare un annuncio sul Giornale di Sicilia col quale si metteva in vendita della merce; un testo concordato con un numero di telefono, alla fine dell’annuncio, a cui l’informatore avrebbe chiamato per mettersi in contatto con i carabinieri. Così avvenne: l’annuncio…

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