Sempre più donne con figli in strada,servono nuovi progetti per casa e lavoro

Facebook
Twitter

Esistono delle case popolari a cui hanno accesso. Lo Stato paga parte dell’affitto, ma il resto deve essere coperto dagli inquilini. Viene distribuito un buono federale che copre parte dei costi, ma che ha una breve scadenza, e le liste d’attesa sono lunghe. Cercare un appartamento privatamente è quasi impossibile, perché molti padroni di casa non vogliono affittare a persone che possono pagare solo
tramite voucher

Facendo un po’ di ricerche, scopro che circa il 34% della popolazione homeless americana è costituita da famiglie, la maggior parte delle quali è composta da donne e bambini piccoli. Le cause di questo numero impressionante sono diverse: disoccupazione, violenza da parte dei compagni e mariti, povertà. I servizi, a dire il vero, ci sono, ma è difficile poterne usufruire, non solo perché bisogna capire come ottenerli, ma perché sono a termine e molte delle donne si ritrovano in strada con i loro figli.
Complicato, per esempio trovare un lavoro: molte delle donne sono giovani e hanno poca esperienza lavorativa, essendo sole ad occuparsi dei figli. Quindi la scelta di un impiego è limitata.
Alcuni motel offrono a donne homeless una stanza in cambio di servizi di pulizia. Ciò sarebbe positivo se non fosse che, in questo modo, possono essere facilmente rintracciate dalle persone da cui hanno già subito abusi. Per questioni di sicurezza, quindi, molte di queste donne sono spesso costrette a cambiare zona o città, abbandonando il pur precario impiego. Una situazione che riguarda oltre il cinquanta per cento delle donne in difficoltà.
Stipendi troppo bassi
Altro problema è lo stipendio che riescono ad ottenere. Negli Stati Uniti chi non ha un lavoro fisso a tempo pieno non ha diritto all’assicurazione medica e neanche agli asili nido per i figli. Avendo spesso dei bambini a carico, le donne vittime di violenza che vivono in strada possono solo lavorare part-time, perdendo l’accesso a molti dei servizi a loro disposizione. Spesso, quindi, devono rinunciare a un lavoro seppur modesto per poter ottenere aiuti federali.
Il miraggio di un alloggio
Siccome è difficile trovare un lavoro, la prima cosa a rischio è l’alloggio. Esistono delle case popolari a cui hanno accesso. Lo Stato paga parte dell’affitto, ma il resto deve essere coperto dagli inquilini. Viene distribuito un buono federale che copre parte dell’affitto, ma che ha una breve scadenza, e le liste d’attesa sono lunghe.
Cercare un appartamento privatamente è quasi impossibile, perché molti padroni di casa non vogliono affittare a persone che presentano questo benedetto buono. Esistono anche centri in cui donne e bambini sono benvenuti, che offrono posti letti, cibo, vestiario e anche supporto psicologico, ma possono usufruirne solo per trenta giorni. Poi vengono trasferiti in un centro di accoglienza per persone senza dimora, dove possono rimanere dai tre ai cinque mesi.
Fortunatamente, qualcosa si sta muovendo: il nuovo sindaco di New York, Eric Adams, ha da poco annunciato la costruzione di più case popolari per diminuire le lunghe liste d’attesa.
In California, lo Stato che ha il maggior numero di homeless, iniziative come Build Back Better, spingono lo Stato a migliorare, semplificare e ottenere servizi per le donne in difficoltà. Un’altra bella iniziativa nasce a Minneapolis, ed è il centro Silent No More, in cui le assistenti sociali aiutano le donne ad affrontare la parte burocratica che assicura servizi utili. Anche a Cambridge, la città dove abito, esiste Rosie’s Place, dove le donne possono trovare conforto e aiuto.

Leggi di più

Gli ultimi articoli

Gli argomenti più seguiti