Tommaso il cittadino, risalito fino a una torta

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Un licenziamento, scelte sbagliate, tasse non pagate. Aveva accumulato debiti per quasi 90 mila euro.
Poi, grazie a una legge, a un’intelligente rete di sostegno e alla sua caparbietà da venditore di Scarp,
si è ripreso il posto che gli spetta nel consesso civile. Lieto fine? Quando avrà la casa popolare

È arrivato con tre bottiglie di spumante e la torta di mele, sulla glassa la scritta “Scarp. Grazie redazione”. Tommaso ha 48 anni e da oltre una dozzina frequenta i piani bassi. Con il fratello conduceva vita da frontaliero, residenza a Varese e lavoro a Stabio, oltre il confine svizzero. Fino al giorno in cui la grande azienda agroalimentare inviò la lettera di licenziamento, repentina, inappellabile. Seguirono anni di tentativi sbagliati (la vendita di ortofrutta in proprio) e – esauriti i soldi per l’affitto – di giacigli inospitali (panchine, treni, il dormitorio metropolitano). Nel frattempo, lievitavano i debiti: tasse non pagate, contributi non versati, il vortice esponenziale degli interessi di mora. Fino alla paurosa cifra di quasi 90 mila euro: una vita sotto la spada di Equitalia.
Però, scriveva quasi due secoli fa uno che la chiesa di San Carlo l’aveva vista sorgere dalle finestre di casa, «la Provvidenza la c’è». E proprio nella piazza di fronte alla centralissima parrocchia milanese Tommaso si imbatté, un giorno, in un provvidenziale banchetto di venditori di giornali. Dopo qualche settimana indossava la pettorina rossa di Scarp. E dava inizio all’ostinata risalita, che in 11 anni l’avrebbe condotto alla torta di cui sopra.
Riserve di senso civico
Tommaso ha usufruito della legge 145 del 2018, che ha introdotto il “saldo e stralcio” delle cartelle esattoriali, ossia una riduzione delle somme dovute per alcuni tipi di debiti, cui possono accedere i contribuenti “in grave e comprovata difficoltà economica”. «Mi ha convinto Roberto, il coordinatore delle vendite»: Tommaso, grato, fa il gesto del martello. Poi c’è stato il supporto del sistema Caritas («il servizio Siloe mi ha finanziato per il valore della prima rata»). Ma il grosso l’ha fatto la sua determinazione. Forse la sua rabbia. La sua voglia di rientrare, anche per via fiscale, nel consesso civile.
Così, mentre macinava strade, parrocchie e record di giornali venduti, Tommaso la formichina accumulava. Poi, puntualmente, ogni quattro mesi, pagava. A fine luglio ha estinto il debito, rimodulato – ai sensi della legge – in circa 13 mila euro. E oggi si sente un uomo libero.
La caparbietà con cui si è riconquistato la dignità di cittadino, a forza di fatiche e rinunce, è l’ennesima prova che anche tra i reietti ci sono abbondanti riserve di senso civico. E di disponibilità a rispettare le regole e a contribuire al benessere comune. A patto che venga fornita loro un’opportunità reale di riscatto. E una solida, ma non deresponsabilizzante rete di sostegno. Poi, certo, non tutti sono Tommaso. C’è anche chi lucra un reddito di cittadinanza che non gli spetta. Così come ci sono azionisti di grandi imprese che incamerano lauti aiuti di stato, salvo poi liquidare via mail centinaia di operai…
E dunque, Tommaso, tutto è bene ciò che finisce bene? «Gran traguardo – ammette –. Ma il lieto fine sarà quando io e mio fratello otterremo una casa popolare». Hanno i requisiti e l’hanno chiesta, a Milano, 10 anni fa. Da allora si arrangiano nell’alloggio della madre. Nell’Italia della ripresa e della resilienza, chi dimostra di saper lavorare e voler pagare avrà diritto a un tetto? Speriamo, pressiamo. Intanto, godiamoci la torta di mele…

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