Materie prime

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La tratta dei giovani calciatori

Stefano Scacchi, novarese, 44 anni, scrive sulle pagine di Repubblica, Guerin sportivo e Tuttosport: scrive di calcio, ma la sua vera passione è il ciclismo. Scrive di calcio di serie A, delle milanesi in particolare. Ma il suo ultimo libro Materie prime si occupa di un lato che molti ignorano o preferiscono ignorare: la tratta dei giovani calciatori. O meglio: i giornali e le tv se ne occupano in caso di lieto fine, ultimo esempio Coulibaly, centrocampista arrivato su un barcone e ingaggiato dal Pescara in serie A. E a Pescara, dopo la retrocessione, è rimasto a giocare. In queste pagine Scarp de’ tenis ha già raccontato la sua storia.
Credo sia profondamente sbagliato definire “disperati” i migranti. La speranza è con loro, magari è la sola cosa che hanno, ma ce l’hanno. Altrimenti non affronterebbero un viaggio così duro, con tutti i pericoli e le sofferenze che comporta: le torture, i ricatti, gli stupri, la schiavizzazione, la morte, nella sabbia del deserto o nell’acqua del mare. Nell’acqua davanti a Lampedusa è annegata Fatima Diawara, 19 anni, titolare tra i pali della Nazionale del Gambia. E tanti altri ragazzi senza nome, della sua età, che sognavano una maglia, un paio di scarpe coi tacchetti, un campo verde su cui correre. Foot solidaire, un’organizzazione francese, ha fissato tra 10 e 15 mila il numero degli aspiranti calciatori. Non necessariamente in serie A, il semiprofessionismo andrebbe già benone, e anche la vecchia serie D, un grandino più giù, dove 800/1.000 euro al mese non sono un miraggio. Belgio, Portogallo, Francia, Olanda, Italia le destinazioni più frequenti. Ma il fenomeno delle “materie prime” ha assunto dimensioni planetarie. Nel 2011 la Fifa ha cancellato una squadra finlandese, il Tampere, perché quasi tutti i cartellini dei suoi giocatori erano in mano a terze persone riconducibili al clan di Singapore, potente gruppo di scommettitori già al centro dell’inchiesta della procura di Cremona. Ormai si può legalmente scommettere anche sulle partite dei campionati giovanili ed è fondato il sospetto che sia più facile aggiustare un risultato facendo pressioni su chi guadagna meno. E che ci facevano 21 minorenni maliani nel Laos? Laos, avete letto bene. Solo dopo un’inchiesta della Bbc sono stati rilasciati e hanno potuto tornare in Liberia.
Il mercato calcistico africano è visto come un grande giacimento di diamanti grezzi. Con una fitta rete di osservatori qualificati, i grandi club arriveranno sempre prima, e possono fare trattative serie, acquistare regolarmente. Restano le briciole per i piccoli club ma, soprattutto, per i più cinici, sleali e disonesti operatori di mercato, che lavorano così: rastrellano gruppetti di ragazzi che sanno giocare a calcio, anche non benissimo, tanto si sa già in partenza che non finiranno al Barcellona o alla Juve. Liberi loro di sognare Messi e Dybala, al mercante interessa intascare quello che le famiglie possono dare, millantare rapporti preferenziali con questo o quel club europeo, non di prima fascia altrimenti non sarebbe credibile tutta la faccenda, ma abbastanza noto, provvedere al viaggio, via barcone o anche con visto turistico. Spesso non c’è alcun provino, il mercante sparisce dalla sera alla mattina e lascia i ragazzi senza un soldo, in un Paese straniero di cui forse nemmeno conoscono la lingua. Qualcuno riesce a essere inquadrato nel calcio, grazie a un connazionale che gli dà una mano. Gli altri spariscono, diventano clandestini, non hanno nemmeno voglia di tornare a casa perché si vergognano di aver fallito.
Scacchi ha scritto un libro molto asciutto e documentato. Non c’è solo la tratta dei corpi per la prostituzione e delle braccia per raccogliere pomodori, ma anche quella dei piedi. E l’insostituibile “materia prima” è la miseria.

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