Ascanio Celestini «Francesco canta la gioia con gli ultimi e nella vita»

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Le voci di un barbone, di uno zingaro, di un razzista col figlio morto, del seppellitore, dei facchini africani e di una commessa. In Rumba, il nuovo lavoro dell’attore romano

Il barbone, lo zingaro, la donna con la testa impicciata, il razzista col figlio morto, il seppellitore, la cassiera del supermercato, i facchini africani. Il loro linguaggio scarno, crudo, vero. Tutte queste voci di un mondo che non dà più scandalo nell’affanno quotidiano, costruiscono Rumba. L’asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato. L’attore e autore è Ascanio Celestini, in tournée con uno spettacolo teatrale che racconta gli ultimi e Francesco d’Assisi. Gli ultimi sono quelli di oggi, Francesco invece è il santo dei frati minori vissuto nel XIII secolo. Rumba è anche il terzo e ultimo spettacolo della trilogia che Celestini ha iniziato con altri due lavori teatrali, Laika e Pueblo.
È lo stesso Celestini a raccontare la trilogia.
Questi tre racconti hanno in comune uno stesso luogo che è un piccolo spazio, una porzione di periferia dove c’è un parcheggio, un supermercato, un magazzino della logistica dove lavorano facchini, un bar e un condominio. Il punto di vista nei tre capitoli è diverso, ma il narratore è lo stesso, lui vive nel condominio, in un monolocale di 35 mq e parla con il suo vicino. I personaggi all’interno di questi tre capitoli tornano in tutte e tre le storie, ma cambia il punto di vista. Ad esempio, c’è il barbone che negli altri due capitoli lo conosciamo come un facchino del magazzino. In Rumba racconto la provenienza e il viaggio che ha fatto, come è finito a dormire dietro i bidoni di un supermercato, in un parcheggio, approfondendone la conoscenza. Insomma, racconto le vite delle persone che attraversano questo spazio di periferia che potrebbe essere ovunque. Rumba lo abbiamo messo in scena anche in Francia perché nei luoghi che si allontanano dal centro – da ciò che rende unica una città – ritroviamo storie simili e spazi uguali. Almeno nelle città occidentali. Luoghi rimossi anche da chi ci vive.

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