Il vescovo di Palermo, monsignor Lorefice, o meglio, don Corrado come ama farsi chiamare: «Dobbiamo superare l’individualismo e metterci al servizio dei più deboli»
«Come cristiani e come cittadini, siamo chiamati alla cura della casa comune di cui parla Papa Francesco. Lo possiamo fare, ripartendo dalle relazioni e abbandonando ogni forma di individualismo, anzi di singolarismo che impedisce il sospetto dell’altro». Abbiamo avvicinato monsignor Lorefice, arcivescovo di Palermo, nella sua Modica (dove per tutti è don Corrado), a margine di un incontro dell’associazione Piero Iemmolo sulla questione migranti.
Don Corrado, in occasione del Festino di Santa Rosalia a Palermo, ha citato più volte don Pino Puglisi (del quale il 15 settembre si celebra il 30° anniversario del martirio) e Biagio Conte. Cosa rappresentano per lei?
Don Pino e fratel Biagio sono un pungolo. Sono due concrete pagine del Vangelo che sono stato chiamato a servire. Un Vangelo che non è solo mera dottrina, ma azione quotidiana a servizio degli altri. Don Pino è l’esempio dell’amore più grande, quello che dà la vita per gli altri, schierandosi dalla parte degli oppressi. Fratel Biagio incarna il Vangelo che cammina accanto ai poveri: «Avevo fame e mi avete sfamato, ero forestiero e mi avete ospitato…».
A chi tocca la cura degli ultimi? Alla politica, alla chiesa, alle agenzie educative?
Tocca alla coscienza di ciascuno. Serve passione morale per costruire quella che Papa Francesco ha definito la casa comune. E poi nella sinergia di queste forze morali, anche la chiesa e la politica possono fare molto. La comunità cristiana, coerente con la bella notizia del Vangelo, può mettersi al centro della città umana. E la politica, come gestione della polis, deve saper costruire percorsi di giustizia ed equità. Non a caso, sia nella chiesa che nella politica, c’è il termine ministro: ora è sinonimo di “potente”, ma nel suo significato profondo significa colui che è a servizio. «Sono venuto per servire», dice Gesù nel Vangelo. …
