Fie A Manetta Donne al timone: una barca aiuta ad essere libere

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Un progetto nato in tempo di pandemia, diffonde tra donne e ragazze la guida delle barche a motore, pratica rimasta sempre molto maschile in Laguna. Il saper governare una barca significa poter contare su maggior autonomia in un luogo complicato come Venezia

Le acque sono un palcoscenico, la terra una platea di spettatori. «Immaginala così Venezia e immagina di essere lì: essere donna, su una barca, tra le acque. Sola al centro di uno spazio circondato da una folla di gente che ti guarda – questo è l’invito a cui sfida Marta Canino, fondatrice dell’associazione Fie A Manetta – sei tu, sola, di fronte al giudizio degli uomini».
Venezia è una città dove i luoghi sono complessi, tutto è costruito sull’acqua, non ci si accorge dove il mare finisce e dove inizia invece la città. Così le acque si trasformano in strade e i mezzi di trasporto sono imbarcazioni, il cui possedimento, di fatto, si accompagna alla libertà di movimento individuale. Libertà che, però, non sempre viene garantita in egual misura.
«La trasmissione della conoscenza della navigazione in passato è stata di esclusivo appannaggio maschile – spiega in proposito Marta – alle donne non era consentito guidare e le poche che lo hanno fatto sono state vittima di pesanti giudizi da parte dell’opinione pubblica». Come se fossero fuori posto, come se una donna non potesse avere la forza o il diritto di solcare il mare. «I mesi di lockdown sono stati un periodo teso – continua Marta – in quanto donna e madre mi è capitato spesso di essere lasciata a terra, sull’isola tra le isole. Perché nel momento del contingentamento il femminile è stato messo in secondo piano ed è stata data la precedenza …

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