La battaglia di Eugenia è anche la nostra battaglia

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Quando ho conosciuto Eugenia Carfora sono rimasta impressionata dalla sua fermezza. Nonostante fossimo in uno studio televisivo continuava a vestire l’uniforme, quella di Preside che non si commuove né si scompone, perché consapevole della potenza evocativa del ruolo che si era scelta e della dignità del lavoro che stava facendo a Caivano. Ricordo in particolare il pudore e l’imbarazzo quando le chiesi di parlarmi delle diverse minacce che aveva ricevuto a causa della sua incredibile ostinazione – che la porta a suonare alla porta di casa dei suoi studenti al mattino presto per assicurarsi di vederli entrare a scuola – strappandoli così alle leggi quotidiane della strada.
C’è dietro un’idea di comunità che non porta risultati immediati ma coltiva sogni, crea legami di reciproca responsabilità e che per questo non rappresenta solo una sfida per chi a Caivano ci abita da generazioni, ma anche un esame di coscienza per chi di Caivano ha semplicemente sentito parlare. Del resto l’etimologia parla chiaro: comunità viene dal latino communitas-atis cioè comunanza ed è riferibile a un insieme di persone che hanno comunione di vita sociale, condividono gli stessi interessi e comportamenti (cit. Treccani). Può indicare “una forma di vita collettiva caratterizzata da un profondo senso di appartenenza, fiducia e dedizione reciproca” come un insieme legato da rapporti molto meno profondi (come l’uso della stessa lingua, la provenienza dallo stesso territorio o da altri interessi che nulla hanno a che vedere con la profondità dei sentimenti e delle intenzioni). Tuttavia, c’è da chiedersi se sia solo un caso che questo secondo tipo di accezione abbia preso il largo con l’inizio della società industrializzata a indirizzo capitalistico; fino a quel momento infatti comunità e società indicavano concetti ben distinti, oggi invece possono coesistere e nessuna delle due viene necessariamente concepita come più importante dell’altra sul piano dei valori. Questo è il punto cardine della riflessione che dovremmo fare insieme: che tipo di identità vogliamo avere? Quali relazioni vogliamo far prevalere nelle giovani generazioni? Il futuro dell’istituto superiore Francesco Morano, la sua potenzialità di essere e rappresentare un laboratorio sperimentale di idee, apprendimenti, professionalità e desideri oltre che di relazioni profonde e sentimenti comuni ha a che vedere con il nostro dis/interesse. Perché la battaglia di Eugenia ha possibilità di riuscita solo se, comunitariamente, riuscirà a diventare anche la nostra.

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