La grande fuga

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In Italia si continua a registrare una preoccupante carenza di educatori e di professionisti della cura. Un fenomeno caratterizzato da molteplici motivazioni: contratti precari, stipendi inadeguati, percorsi formativi non sempre efficaci, maggior appetibilità di settori paralleli dell’impiego pubblico, scarsa legittimazione sociale del lavoro di cura. E le conseguenze si fanno sentire: sette comunità per minori chiuse in Lombardia in pochi mesi e alcuni servizi che faticano a essere assicurati, per esempio sul fronte del disagio psichico. Liviana Marelli del Cnca: « Dobbiamo invertire il paradigma, investendo soldi e garantendo assistenza e formazione. O a pagarne le conseguenze saranno, ancora una volta, i più deboli»

Non ce la possiamo fare sempre da soli. A volte abbiamo bisogno di affidarci a un amico, a un genitore, a un prete. E capita che neanche questo basti. Ci sono momenti, fasi della vita, ci sono periodi, in cui quello di cui avremmo bisogno è una figura professionale che ci possa accompagnare fino a che la nostra situazione non si assesti.
Si tratta di quelle figure che in termini tecnici vengono chiamate professioni di cura, tutti quei mestieri che vanno dall’infermiere all’operatore socio-sanitario, dall’assistente sociale al medico di base, passando per l’educatore. Presenze importantissime ma alle quali sta succedendo, da qualche anno a questa parte, qualcosa di preoccupante: non ce ne sono più. O meglio, non ce ne sono abbastanza.
L’allarme lo hanno lanciato già dall’anno scorso cinque soggetti del terzo settore milanese e lombardo (Forum del Terzo settore, Caritas Ambrosiana, Cnca, Alleanza delle Cooperative Italiane Welfare Lombardia, Uneba) in un convegno dal titolo Il valore della cura. I dati di partenza erano chiari: sette comunità per minori chiuse in Lombardia in pochi mesi, oltre 500 posti in comunità e case d’accoglienza per mamme e bambini a Milano, che rischiavano di rimanere senza gestore. Servizi delicati che faticavano a essere assicurati, per esempio sul fronte del disagio psichico. Buchi ricorrenti nell’Aes, l’assistenza educativa scolastica che deve essere garantita dai Comuni ad alunni con disabilità, e una generalizzata difficoltà, per amministrazioni pubbliche e realtà del terzo settore, a individuare figure formate, motivate e stabili.
Dall’anno scorso è cambiato poco: in Italia continua a registrarsi una preoccupante carenza di educatori e di altri professionisti della cura. Un fenomeno caratterizzato da molteplici motivazioni: contratti precari, stipendi inadeguati, percorsi formativi non sempre efficaci, maggior appetibilità di settori paralleli dell’impiego pubblico, scarsa legittimazione sociale del lavoro di cura.
Il problema lo riassume bene Liviana Marelli, direttore generale de La Grande Casa e membro del Cnca, Coordinamento nazionale comunità accoglienti: «C’è un’evidente carenza di operatori. Dati non …

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