Storia della Villa che ospita il Museo, dedicata alla duchessa Lucia Migliaccio

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Gita al Vomero alla scoperta di un luogo magico, una villa con giardini spettacolari e una vista unica sul golfo di Napoli

La storia che ha portato alla nascita di questo prestigioso Museo affonda le sue radici ai tempi dei Borbone. Dinastia che rese Napoli e l’intero Mezzogiorno uno dei regni più floridi dell’antica Europa.
La Villa, acquistata da Re Ferdinando di Borbone durante il primo ventennio dell’ottocento, per utilizzarla come dimora per il periodo estivo, fu ristrutturata dall’architetto Antonio Niccolini, che vi lavorò in un periodo compreso tra il 1817 e il 1819. Una ristrutturazione che investì anche il Museo, che all’epoca era un piccolo casino e anche l’area del Parco e dell’intera Villa Lucia. Niccolini progettò e realizzò una struttura formata da un corpo centrale rettangolare e due bracci perpendicolari e simmetrici, rivolti verso nord, e inoltre aggiunse, all’ingresso centrale dell’edificio, una piccola area porticata.
Tale area fu concepita per la sosta delle carrozze, un elemento che oggi sottolinea l’acume progettuale che l’architetto ebbe nella fase di realizzazione del sito.
Successivamente fu costruito anche un basamento in pietra lavica con una scalinata marmorea a doppia rampa per il piano seminterrato, elemento che raccorda l’edificio al parco circostante.
Inoltre, da sottolineare che l’architetto Antonio Niccolini, sempre in un periodo compreso tra il 1817 e il 1819, progettò anche il rifacimento e la riconfigurazione dei cosiddetti giardini all’inglese, ovvero caratterizzati da spazi con forme libere e morbide, basati sull’accostamento e sull’avvicendarsi di elementi naturali come piante e spazi erbosi e artificiali come grotte e ruscelli.
Niccolini sfruttò anche le caratteristiche naturali del sito, in particolare il terreno che declinava verso l’area in cui il mare partenopeo, maestoso e di colore blu, impreziosiva un paesaggio suggestivo e unico nel suo genere.
Grazie a questo particolare, il Niccolini ridisegnò le aree esterne, alternando ampi prati e aiuole con quinte scenografiche a zone definite tecnicamente “a boschetto” e terrazzamenti di tipo scoscesi.
Mentre per quanto riguarda le zone circostanti, l’edificio principale adottò soluzioni definite più regolari e assolutamente simmetriche. Tali interventi erano da considerarsi in assoluta conformità con le caratteristiche stilistiche di gusto neoclassico, molto in voga in quel periodo storico.
Ma non è finita qui, il poliedrico Niccolini ideò anche un elemento quasi “profetico” per la cultura partenopea. Uno spazio che di lì a poco sarebbe stato un tratto distintivo di Napoli e dei suoi cittadini: il teatro. L’architetto realizzò, infatti, un teatrino all’aperto che impreziosì notevolmente l’intera struttura dandole un valore aggiunto di non poco conto. E non solo, furono realizzati anche un tempietto ionico, delle serre e persino delle grotte per animali esotici. Nel 1919 la proprietà passò allo Stato. Uno spazio immerso nel verde che impreziosisce Napoli e il suo quartiere collinare per eccellenza: il Vomero. Una perla di assoluta bellezza, che oggi ospita arte e cultura e che deve essere concepita non solo come bene di incommensurabile importanza per i partenopei ma come vero e proprio patrimonio dell’intera umanità. Uno spazio da salvaguardare, da promuovere e frequentare, per renderlo sempre vivo e ricco di storia e di storie da raccontare.

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