Una politica inclusiva per ridurre le disuguaglianze

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Ce lo ricorda in queste settimane finali del suo mandato il Capo dello Stato e ce lo ricordano quelle percentuali anonime e senza volto che vedono tra i nuovi poveri troppe madri sole con figli minori a carico. Occorre una politica nuova e inclusiva per non accrescere le disuguaglianze

Una piccola storia invisibile per riflettere sul Natale a 360 gradi. Lo faranno insieme e in casa una mamma sola con due figli piccoli a carico, salvata in extremis da uno sfratto per morosità. Eppure la donna, seguita dai servizi sociali, era incolpevole perché era stato suo marito a non versare il canone al proprietario. L’uomo, denunciato per maltrattamenti, è stato allontanato da casa già tempo fa e, nonostante con largo anticipo la mamma avesse chiesto l’assegnazione di un alloggio di emergenza perché ha un impiego part time e quindi non può permettersi un affitto sul mercato libero, le istituzioni sono incappate in un blackout clamoroso. Le conseguenze potevano essere dolorose per la famiglia. Basta pensare a cosa può provare un bambino sbattuto fuori casa ingiustamente.  
Solo un presidio unitario dei sindacati inquilini, che hanno preso a cuore il caso, ha salvato la famigliola dal trauma della strada convincendo il proprietario, scortato dalla forza pubblica, dai legali e da un fabbro, a soprassedere fino al prossimo 27 gennaio, mentre l’iter per evitare il trauma di finire sulla strada alla donna e ai due bambini di dodici e sei anni un mese dopo Natale, pare sia accelerato. Accade a Milano, poteva accadere altrove. La piccola storia non ancora a lieto fine (ma siamo fiduciosi) ci consente di dare una fisionomia più definita alle madri sole con figli e impieghi in grigio, vittime della pandemia sociale, quelle che non sono riuscite, secondo i diversi rapporti sulla povertà, ad agganciare la ripresa e chissà mai se ce la faranno. Se poi sono donne di origine straniera, i loro figli assommano spesso i problemi di apprendimento della didattica a distanza con quelli della barriera linguistica e rischiano di finire nell’elevata percentuale degli abbandoni scolastici alle superiori, piaga della quale l’Italia detiene il triste primato europeo. 
Povertà per reddito da lavoro troppo basso, cortocircuiti dei servizi sociali, difficoltà nell’apprendimento causa barriere linguistiche aumentate dal Covid, abbandono e rabbia per l’esclusione. Sono gli ingredienti per costruire emarginazione e nuove povertà. Accade mentre siamo distratti e ci occupiamo di tamponi e Green pass e non riusciamo più a vedere la fine della pandemia, mentre stiamo allo stesso tempo alimentando la pandemia sociale in un circolo vizioso. Ce lo ricorda in queste settimane finali del suo mandato il Capo dello Stato e ce lo ricordano quelle percentuali anonime e senza volto che vedono tra i nuovi poveri troppe madri sole con figli minori a carico: occorre una politica nuova e inclusiva per non accrescere le disuguaglianze in un Paese già disunito e ingiusto.
In questa Italia ammaccata che aspetta il Natale con molti interrogativi, non mancano mai le storie coraggiose e incoraggianti.
Un gruppo di trentenni, ha dato vita al progetto Le scarpe dell’antimafia, nel catanese. A noi le scarpe sono simpatiche e l’obiettivo era semplice e nobile, andare a controllare di persona, consumando le suole delle scarpe, appunto, qual è stata la vera destinazione dei beni confiscati alla mafia in Sicilia. A bordo del camper La poderosa, come la moto di Che Guevara, i Siciliani Giovani, dal nome del mensile storico antimafia di Pippo Fava, hanno bussato, visto e lanciato denunce radiofoniche e pubblici dibattiti. Bisogna agire rapidamente per danneggiare l’economia mafiosa e combattere una delle ingiustizie più grandi di questo Paese, la distorsione frutto di complicità che devia i soldi dei contribuenti nelle tasche mafiose con il risultato di mettere in un angolo gli imprenditori onesti che potrebbero creare lavoro onesto e sviluppo costringendoli magari a indebitarsi proprio con la mafia per sopravvivere, finendo per rovinarsi. è una battaglia lunga, lo sappiamo, ma vale sempre la pena combatterla. Anche a Natale.

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