Naserian, sposa dal futuro incerto Masai cacciati dalle loro terre

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Lo scorso giugno l’esercito tanzaniano è intervenuto con la forza per disperdere una manifestazione, provocando una trentina di feriti e arrestando 25 persone. I Masai protestano contro la recinzione di un’area di 1.500 chilometri quadrati destinata al turismo internazionale e off limits per i suoi abitanti e le loro mandrie. Secondo l’Onu, circa 150 mila persone potrebbero essere costrette a trasferirsi

Naserian ha solo 16 anni ed è già tempo che si sposi. Tutto è pronto per questo giorno di gioia e di tristezza. Tristezza perché Naserian lascerà per sempre la sua famiglia per trasferirsi nella manyatta (l’insediamento di capanne) del giovane marito. Gioia perché sente che non sarà più considerata una bambina, ma una donna e, presto, una madre. Nella tradizione del popolo Masai si cresce in fretta.
È un’alba gelida nella savana punteggiata di acacie al confine tra Tanzania e Kenya. Un luogo di una bellezza primitiva: sembra il mondo alle origini. Attorno a una capanna si affaccendano alcune donne, mentre uomini e bambini aspettano immobili e pazienti con le tipiche stoffe rosse portate di traverso su una spalla. Sono gli ultimi preparativi del matrimonio che verrà celebrato a molti chilometri di distanza.

Rituale antichissimo
È solo quando il sole è alto sull’orizzonte che Naserian esce dalla capanna. La testa è rasata per essere più attraente; veste una tunica nera, su cui risaltano i ricchi e coloratissimi gioielli Masai. Una volta giunti alla manyatta del marito, viene consegnata allo sposo, che aspetta insieme a un testimone e la porta dentro una capanna. È la fase finale di un lungo processo cominciato molto tempo prima, con lo scambio di doni e bestiame tra le due famiglie, che ora festeggiano con canti e danze all’ombra di grandi acacie, dove viene servita carne arrosto su enormi spadoni. Intanto, i giovani guerrieri moran si dipingono con l’ocra il viso, il corpo e le lunghe trecce. Poi, si esibiscono nelle tradizionali danze guerresche, accompagnate da suoni acuti e ritmi sempre più incalzanti.
Tutto si svolge secondo le antiche usanze dei Masai, popolo fiero e orgoglioso di allevatori nomadi, custode di tradizioni e usi ancestrali. Secondo la leggenda, l’Essere supremo avrebbe affidato loro tutto il bestiame perché sono “i migliori e i più forti”. Di certo sono tra i più antichi abitanti di queste terre. Oggi, però, rischiano di venirne cacciati.

Scontri con l’esercito
Almeno è quello che potrebbe succedere nella zona di Loliondo, dove lo scorso giugno l’esercito tanzaniano è intervenuto con la forza per disperdere una manifestazione, provocando una trentina di feriti e arrestando 25 persone. I Masai protestavano contro la recinzione di un’area di 1.500 chilometri quadrati destinata al turismo internazionale e off limits per i suoi abitanti e le loro mandrie. Secondo l’Onu, circa 150 mila persone potrebbero essere costrette a trasferirsi. «Un’espulsione forzata e illegale, sconvolgente sia per la portata sia per la brutalità», l’ha definita Deprose Muchena, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale. La Corte di Giustizia dell’Africa orientale, tuttavia, si è pronunciata a favore del governo tanzaniano, dopo una lunga battaglia legale tra le comunità Masai sfrattate e lo Stato. Secondo la Corte, le prove per perorare il caso delle comunità erano insufficienti e contraddittorie.
Naserian e il suo sposo non sanno ancora nulla di quello che potrebbe succedergli. Ma interessi e mondi lontani – occidentali e sempre di più degli Emirati – potrebbero presto piombargli in casa, rompendo per sempre quello speciale legame tra uomo e natura che ha sempre caratterizzato il popolo Masai.

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