Non c’è un leader che parlidi giovani e ai giovani

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Cosa bolle nel pentolone del disagio giovanile

Ogni mattina, sulle scrivanie del ministro degli Interni, del comandante generale dei carabinieri e del capo della polizia arrivano “segnalazioni” che riguardano i giovani. Ovviamente ne esistono altre, e alcune non vengono comunicate “al volo”, dal terrorismo alla criminalità. E, allo stesso modo, dei giovani e di quello che sta accadendo nel loro universo si sta parlando molto poco. Sia sui media, sia durante la competizione politica terminata a fine settembre. La voce degli educatori si leva forte e chiara nei convegni, ma travalicano la portata dei microfoni che si aprono nel dibattito? Quasi mai.
Alcolismo in forte aumento e se le bevute tra amici sono una cosa, le bevute con e tra sconosciuti sono un’altra cosa. Violenze sessuali, anche di gruppo, puntano a colpire chi non è in grado di difendersi e chi, del tutto stordito dal tasso di alcol nel sangue, sembra partecipare alle crudeltà e al dominio altrui. Droghe chimiche radono al suolo ogni inibizione. Droghe “classiche”, come cocaina ed eroina, vedono consumatori sempre più “teen”. Gruppi di ragazzi attaccano altri gruppi, o singoli, per razziare orologi, scarpe, magliette, quei simboli della moda dai costi non raramente inavvicinabili per un genitore che riceve uno stipendio “normale”. Willy Monteiro Duarte venne ammazzato a Colleferro nel settembre del 2020, massacrato di botte in meno di un orrendo minuto da due fratelli palestrati e criminali: dopo di lui, altri qui e là in Italia hanno subito la stessa sorte. Gli omicidi tra ragazzi aumentano.
Noi tutti conosciamo giovani che lavorano, studiano, fanno volontariato, cercano di aprirsi una strada a testa alta e non mollano. Che certamente si divertono, ma senza scivolare nel crimine e nell’autolesionismo. E stiamo dimenticando che cresce però il numero di chi non studia, non lavora, passa il tempo chiuso in camera, tra video, chat, “navigazioni” internettiane: moltissimi ragazzi per i quali il mondo esterno è diventato ostile, o meglio viene vissuto come ostile; e non lo si conosce nemmeno un po’.
Sarà stata la pandemia, con l’obbligo dello “smart”: lezioni a distanza per i ragazzi e lavoro a distanza per i genitori. Per alcuni un modo per ritrovarsi e aiutarsi di più, per altri una coabitazione che ha eretto più muri di quelli che ci sono in casa.
Sarà stata la guerra di aggressione della Russia all’Ucraina, con tutte le sue conseguenze morali ed economiche, a renderci più confusi.
Sarà che se vivi nella Rete, accanto a notizie e informazioni sicure, ti ritrovi connesso a una violenza verbale (dall’antisemitismo al sessismo, dall’insulto politico alla minaccia) che nessun’autorità – ed è veramente pazzesco – riesce ad arginare.
Difficile capire tutti gli ingredienti che in questo momento stanno ribollendo nel pentolone del disagio giovanile, ma il pentolone c’è e la politica è stata bene attenta a non avvicinarsi. Non c’è stato un leader che abbia parlato di giovani. Abbiamo avuto discorsi elettorali con informazioni massicce sull’Europa, sul primo ministro ungherese Viktor Orban, sul pericolo del ritorno del fascismo, sulle tasse addirittura al 15 per cento, ma non c’è stato nessuno che abbia discusso sul serio una minima ricetta sul futuro dei giovani e sul “niente” che hanno in questo momento. Si continua a litigare con la magistratura citando i “suicidi di Tangentopoli”, gravi, dolorosi, che ci contano dal 1992 al 1994 in poche unità, mentre sono nei primi otto mesi di quest’anno in carcere si sono ammazzate 59 persone, quasi tutte non anziane.
Le carceri minorili sono piene. Segnalazioni, avvisi, analisi, inchieste penali: ma sembra non importare a nessuno se sta crescendo una nidiata che non sta imparando a volare ed ha la paura tremenda di non potercela fare.

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