Porto sbarrato, pena certa: tornano i forti con i deboli?

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Approdi negati alle navi che salvano i migranti in viaggio dalle coste africane. Proposta di modificare la Costituzione all’articolo in cui parla di “rieducazione” del condannato. Al nuovo Governo vanno gli auguri perché, nell’odierno scenario di tempeste, navighi bene a vantaggio di tutti i cittadini. Ma proprio di tutti

Primo giorno al Ministero delle infrastrutture: ostentato colloquio con l’ammiraglio, a beneficio delle gradinate social, oggetto la chiusura dei porti ai barconi diretti a speronare il patrio suolo. Dove eravamo rimasti? A volte il Papeete evapora e il cinismo ritorna. Eterno, noioso, velleitario. Intanto in Europa e nel mondo si bruciano decine di milioni di dosi di vaccino scadute, mentre in Africa risulta immunizzato meno di un quarto della popolazione. E poi ci si chiede perché salgono sul barcone.
Ma in fondo son quisquilie attese, ragazzate da euforica riconquista della poltrona ministeriale. Mentre altre menti sopraffine lavorano nell’ombra. Come quella del deputato che diede il nome alla non indimenticabile legge – da lui stesso sconfessata, quando il Parlamento approvandola la modificò – che puntava tra le altre cose ad accorciare i tempi di prescrizione. Oggi, cambiata casacca politica, e tornato trionfalmente nell’area di Governo, colui che inalberò il vessillo garantista (di cui, incidentalmente, si giovò il suo leader politico, recordman di pendenze con la giustizia) si scopre fiero punizionista. E vuol cambiare la Costituzione: per la precisione, l’articolo 27.
Pure le facce sporche
Il sopraffino Edmondo (di cognome fa Cirielli) non si spinge a contestare il comma 4 della norma costituzionale, quello che mette al bando la pena di morte – siam tutti figli di Beccaria, in Italia farebbe un po’ specie. Ma nel disegno di legge ripresentato all’alba della legislatura, riscrive arcigno i tre commi precedenti. Il più eloquente dei quali recita: «Le pene (…) devono tendere alla rieducazione del condannato».
Concetto limpido, gravido di fiducia nell’umano, conforme alle radici evangeliche della società italica e a quelle illuministe dei patri codici? Macché. L’Edmondo è minuzioso e nel suo testo collega la “finalità rieducativa” alle “esigenze di difesa sociale”, con il rischio di subordinare la prima alle seconde. Perché il carcere deve anzitutto punire con finalità di prevenzione del crimine, par di capire. La revisione interiore, la risocializzazione personale, il diritto-dovere a riconquistarsi un posto da cittadino in società: orpelli da spiriti belli, ché la piazza mediatica chiede certezza della pena.
Ora, ci sta che l’Edmondo non si avveda dell’ineleganza di chiedere inasprimento delle punizioni nel Paese delle prigioni che tornano sovraffollate e nell’anno dei record dei suicidi in cella. E ci sta che ignori la più pragmatica evidenza, secondo la quale chi fruisce di ben costruite alternative alla pena detentiva ha minore inclinazione, una volta uscito, alla recidiva: cioè a commettere altri crimini.
Però, benedetti, ormai siete al Governo, cui va il nostro augurio di saper ben navigare, nelle odierne tempeste, a vantaggio di tutti i cittadini. Tutti ma proprio tutti: pure le facce sporche da piani bassi. Migranti disperati, rei e reietti, ispidi marginali, tossici e meretrici: insomma quelli che non votano, che sfregiano l’arredo urbano, che spesso ti tirano fuori dalla grazia di dio. Perché va bene studiare lo spirito atlantista ed europeista, a costo di contraddire un po’ i propri trascorsi. Ma lo si impari fino in fondo, e con esso la nostra Costituzione, che ne è uno degli esempi più fulgidi. E che una cosa non insegna – assolutamente no: a strapazzare i miseri, a esser forti con i deboli.

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