Tina Anselmi Partigiana, indipendente e libera

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Sfidava tutte le convenienze. Entrata giovanissima nell’Azione Cattolica, a diciassette anni divenne staffetta partigiana, dopo essere stata costretta ad assistere all’impiccagione di trentuno ragazzi, catturati dai nazifascisti

A lungo considerato tra i migliori al mondo, il Servizio sanitario nazionale sta scivolando giù nelle graduatorie internazionali che ne misurano la qualità. È il caso, allora, di rivolgere un pensiero alla donna che con ferrea determinazione volle istituirlo, sottraendo a un sonno lungo quattordici anni il disegno di legge che lo fondava. Il 23 dicembre 1978 Tina Anselmi, ministra della Sanità, varò il Servizio sanitario nazionale che demoliva il sistema costoso e indebitato delle mutue e assicurava l’attuazione dell’articolo 32 della Costituzione, che garantisce «la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività».
Non fu l’unica legge memorabile voluta da quella deputata democristiana che i suoi colleghi di partito avevano battezzato Tina vagante, per dire della sua indipendenza e libertà di giudizio. Nel 1977, da ministra del Lavoro, prima donna chiamata alla guida di un dicastero in Italia, aveva dato il via alla legge di parità. Subito dopo, alla Sanità, in meno di due anni, tra il 1978 e il 1979, firmò la legge 194 sull’interruzione di gravidanza (pur avendo votato contro il disegno di legge) e la legge Basaglia sulla chiusura dei manicomi.
«Non c’è forma di carità più alta della politica», disse in un’intervista, «perché la politica può cambiare in meglio la vita dei cittadini». Veneta di Castelfranco Veneto, nata nel 1927, in una famiglia antifascista, allevata da una nonna «grande e bella, che fumava la pipa e sfidava tutte le “convenienze”», entrata giovanissima nell’Azione Cattolica, a diciassette anni divenne staffetta partigiana, dopo essere stata costretta ad assistere all’impiccagione di trentuno ragazzi, catturati dai nazifascisti durante un rastrellamento.
Laureata in Lettere, scelse di impegnarsi nel sindacato, al fianco delle operaie tessili sfruttate nelle filande venete. E per aver partecipato all’occupazione di una filanda nel Trevigiano, venne perfino arrestata “per aver turbato l’ordine pubblico” – e rilasciata dopo una clamorosa protesta dei preti della zona. Nel 1968, l’elezione al Parlamento – dove resterà, sempre rie

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